COMUNICATO
Assemblea

Media. Lotta alle fake news con Twitter, Google e Facebook, ridando forza all’informazione di qualità

In Assemblea legislativa convegno organizzato da Europe direct in collaborazione con la Commissione europea e con la Scuola di Pace di Monte Sole

Lotta alle fake news attraverso la sottoscrizione di un codice di condotta su base volontaria da parte di Twitter, Facebook, Google e Mozilla, oppure “andando a vedere dove finiscono i denari” o, ancora, ridando forza all’informazione, quella verificata e di qualità e quindi al giornalismo.

Sono stati questi i punti toccati nel convegno “Fake news ed esercizio consapevole della cittadinanza europea organizzato dallo Europe Direct dell’Assemblea legislativa con la Commissione europea all’interno di “Dialoghi con i cittadini”, sessioni di domande ai rappresentanti politici dell’Unione europea per esprimere pareri e descrivere gli effetti delle politiche dell’UE.

Una mattinata che si è aperta con i saluti di Simone Fabbri, della Scuola di Pace Montesole e quelli di Yuri Torri dell’Ufficio di presidenza dell’Assemblea che ha affermato come il “vero tema non sia quello sul tipo di mezzo di comunicazione utilizzato ma sul come confrontarsi con le notizie non vere indipendentemente dai modi e dai tempi in cui vengono diffuse”.

Ma per arginare i modi e i tempi in cui vengono diffuse le “bufale” una prima risposta arriva dall’Ue. “Stiamo cercando di ripristinare le stesse regole che valevano per i ‘vecchi media’- ha sottolineato Ewelina Jelenkowska-Lucà, capo dell’Unità Comunicazione della direzione generale delle reti di comunicazione, dei contenuti e delle tecnologie della Commissione europea– richiedendo trasparenza nella provenienza delle informazioni, trasparenza sulle fonti. I colossi Twitter, Facebook, Google e Mozilla hanno firmato un codice di condotta su base volontaria per porre un freno alla diffusione delle fake news anche perché dal 2015 è stato rilevato che ci siano state 4.500 intromissioni su campagne elettorali da parte di paesi terzi”.

L’accordo prevede in primo luogo di mettere fine al fenomeno del ‘clickbait’, ovvero a spezzare il legame tra gli introiti pubblicitari di alcuni profili e siti che diffondono disinformazione. Poi, a rendere più trasparente la pubblicità elettorale su internet, inclusa quella a tema, ed eliminare gli account falsi e i bot (software che, accedendo alla Rete sfruttando gli stessi canali utilizzati da utenti in carne e ossa, sono in grado di svolgere i compiti più vari in maniera completamente autonoma, ndr). Infine, facilitare l’accesso degli utenti a diverse fonti d’informazione, migliorando la visibilità dei contenuti autorevoli, e rendere più facile la segnalazione di “bufale”. Verrà poi consentito a ricercatori e accademici di accedere ai dati delle piattaforme per monitorare la disinformazione online. “Sono stati stanziati 2,5 milioni di euro per le reti di factcheckers mentre altri fondi- ha chiuso Jelenkowska-Lucà- serviranno a promuovere l’educazione ai media e al pensiero critico e per un piano d’azione contro la disinformazione proprio in vista delle prossime elezioni europee”.

E sul legame tra siti di bufale e pubblicità è intervenuto Dario Braga, direttore dell’Istituto di studi avanzati, Alma Mater Studiorum Università di Bologna: “Tutte le informazioni che riguardano la salute hanno un impatto, una diffusione e una permeabilità maggiori. Coinvolgono, quindi, un maggior numero di persone. Più persone, più click. Più visite, maggiori introiti pubblicitari e guadagni. Ecco perché i siti che diffondo fake news in rete si occupano anche di salute. C’è sempre un fine commerciale dietro. Bisogna sempre andare a vedere dove vanno a finire i denari”.

Pina Lalli, vicedirettore del Dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Bologna ha voluto ricordare come il web sia colonizzato dai colossi della Silicon valley: “Hanno obbligato i giornalisti alla negoziazione perché se non si utilizzano gli algoritmi di Facebook oppure non si dà importanza ai Google trend allora non si viene letti. Non solo- ha aggiunto- oggi è più credibile il ‘professionista dell’esperienza’, cioè chi ha avuto la mia stessa esperienza, rispetto ai professionisti veri, della salute, della comunicazione”. Una perdita di potere da parte del giornalismo messa in evidenza anche da Giuseppe Pace, direttore dell’Agenzia di informazione e comunicazione della Regione Emilia-Romagna.

Chi ha messo in guardia dal ‘gratuito in rete’ è stato invece il presidente del Corecom dell’Emilia-Romagna Stefano Cuppi: “Il gratuito in rete non esiste. Una piattaforma è fruibile liberamente perché avviene uno scambio tra utente e aziende: i miei dati profilati sono la moneta con cui ho accesso ai servizi. Dati che poi passano di scambio in scambio fino ad arrivare a chi cerca di capire come è fatta la nostra ‘bolla personale'”.

Mentre sulla difficoltà di comunicare l’Europa è intervenuto Alessandro Giordani, capo dell’Unità “Contatto con i cittadini” della Direzione generale Comunicazione della Commissione europea: “Oggi comunicare un’Europa unita è controintuitivo, perché non si parla alla pancia ma al cervello. Implica, cioè, un’azione da parte di chi ti ascolta, pensata. Un click razionale. E questa difficoltà basta per dare terreno fertile alle fake. L’unico modo per uscire da questa difficoltà è fare una comunicazione politica e non solo comunicare ciò che di bello fa l’Europa”.

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