COMUNICATO
Assemblea

Carceri e pandemia. Garante detenuti in commissione: “Situazione sotto controllo, tamponi e quarantena per i detenuti che arrivano”

I numeri più preoccupanti (ma stabili) alla Dozza di Bologna, ma nel complesso protocolli sanitari e mascherine per gli operatori stanno funzionando. Marighelli: “Grande carenza di spazi e personale”. E il presidente della Commissione Federico Amico annuncia l’intenzione di visitare di persona tutte le strutture penitenziarie della regione appena possibile.

Dopo le rivolte di marzo e le prime difficoltà nella gestione della pandemia, possiamo dire che oggi la situazione in tutti gli istituti penitenziari è sotto controllo e i casi di positività sono in linea con i numeri dell’esterno. Il carcere della Dozza di Bologna è quello più problematico, con un numero di positivi tra i 50 e i 70 che è stabile da qualche giorno”.  A commentare i riflessi dell’emergenza Covid nelle carceri dell’Emilia-Romagna è il Garante dei detenuti Marcello Marighelli, che ha portato in commissione Parità (presieduta da Federico Amico) i numeri del panorama detentivo regionale. Al 30 novembre sono 3.176 le persone detenute in tutta la regione, di cui 421 in attesa di primo giudizio. “Sono numeri importanti, perché durante una pandemia il distanziamento fisico è fondamentale per il contenimento del virus”, ha spiegato Marighelli. “Considerato che Modena non è al massimo della sua capienza – la struttura ha visto danneggiamenti e riduzione degli spazi dopo la rivolta -, fatta qualche eccezione, le presenze in diversi istituti non si discostano molto dalle capienze regolamentari”. Il carcere durante la pandemia. Rispetto alla prima fase dell’emergenza Covid, spiega il Garante, la situazione si sta stabilizzando e molte criticità sono risolte: sono stati adottati protocolli dall’amministrazione penitenziaria con le Ausl per organizzare la presenza di detenuti negli spazi e per garantire l’isolamento di quelli che entrano o che vengono trasferiti, con tamponi all’ingresso, quarantena obbligatoria, screening costante sugli operatori e dispositivi di protezione per il personale. Diversi istituti della regione hanno mantenuto alcune attività rieducative e scolastiche con partecipazione dall’esterno e le attività di volontariato(rispettando le raccomandazioni anticovid) e assicurato i colloqui con i familiari: “Fin dalla prima ondata ci si è attrezzati con la possibilità di effettuare videocolloqui – ha raccontato Marighelli – all’inizio con alcune perplessità e poi con buonissimi risultati, riuscendo a garantire incontri online soprattutto a chi ha la famiglia lontana. Anzi ci auguriamo che si continueranno a fare anche in futuro.” Parma e Reggio Emilia, le realtà più complesse. L’ultima visita in regione del Garante nazionale dei detenuti ha restituito nel complesso un bilancio abbastanza positivo, ma ha evidenziato alcune criticità nelle strutture di Parma e Reggio Emilia: Parma è un centro clinico per detenuti con patologie gravi e croniche, che accoglie detenuti da tutta Italia e per questo ospita molte persone vulnerabili; a Reggio Emilia è presente una articolazione di salute mentale, ma che al momento ospita più delle persone previste. “Siamo stati tra i primi a chiudere gli ospedali psichiatrici giudiziari, ma la riforma è rimasta incompleta. Così succede che oggi a Reggio i progetti riabilitativi non abbiano un reale sbocco verso l’alleggerimento detentivo, perché non tutti hanno gli adeguati collegamenti con il nostro territorio. Servono nuovi spazi pensati per le attività di riabilitazione psichiatrica,” rimarca Marighelli. Mancano spazi e personale. Il Garante ha poi sottolineato come tutti gli istituti penitenziari abbiano forte necessità di spazi e di personale: “Servono strutture e attrezzature per le attività sanitarie, impianti di climatizzazione, spazi verdi e luoghi dove svolgere progetti e laboratori. Possiamo dire che a oggi l’offerta di formazione professionale per i detenuti c’è, ma il carcere non ha gli spazi per poterla accogliere tutta. E poi manca personale, operatori penitenziari e soprattutto educatori: cinque o sei educatori per struttura come possono seguire centinaia di detenuti? Il diritto alla salute è un diritto fondamentale riconosciuto a tutti, a prescindere dalla loro condizione di libertà o di reclusione”. L’attività del Garante. Sono 191 le segnalazioni gestite dal Garante al 30 novembre 2020, di cui il 31 per cento (59) tra marzo e aprile in pieno lockdown: in questo contesto le richieste hanno riguardato anche soprattutto familiari preoccupati per la situazione dei propri cari all’interno e la ripresa delle comunicazioni tra familiari e detenuti del carcere di Modena dopo le rivolte e l’evacuazione. I colloqui effettuati sono stati 54, 46 in modalità telematica. Grande attenzione da parte dell’ufficio del Garante anche alle detenute donne, alle sezioni femminili e alla presenza di minori (nel 2020 sono state 10 le presenze di bambini in carcere insieme alle madri con tempi di permanenza fino a 30 giorni). “È un dato migliore di quello del 2019 conclude il Garante – in stretta collaborazione con l’assessorato ai Servizi sociali e con la Garante per l’infanzia della Regione siamo molto impegnati per la ricerca di soluzioni che possano superare questa situazione, come l’istituzione di una casa famiglia protetta”. Roberta Mori (Pd) ha elogiato l’attività del Garante, la grande capacità di resilienza e il monitoraggio attento delle situazioni: “Ha un ruolo importante di rappresentanza di chi non ha voce e di tutela dei diritti. Ci sono criticità importanti, dovremo intervenire. La Regione interviene già all’interno del carcere per formazione, scuola e cultura con progettualità specifiche. Poi abbiamo scoperto che la tecnologia può accorciare le distanze, bisogna investire sull’innovazione.” Soddisfatto dell’informativa anche Simone Pelloni (Lega): “C’eravamo visti dopo le rivolte e siamo contenti che, nonostante la pandemia, la situazione sia migliorata e in parte rientrata”. Poi un’attenzione particolare agli operatori penitenziari: “Alcuni lamentano la mancanza di dispositivi di protezione e di non ricevere ristori come le altre forze dell’ordine. E rimangono problemi strutturali, una sola casa lavoro in tutta la regione è troppo poco se la pena deve tendere alla rieducazione”. In chiusura il presidente della commissione Amico ha annunciato l’intenzione di visitare di persona tutte le strutture penitenziarie della regione: “Questa lettura dataci dal Garante deve essere accompagnata da un percorso di visita nelle realtà carcerarie regionali. Poi dobbiamo interessarci anche di quella che è la realtà esterna: amministrazioni comunali, volontari, personale sanitario e associazioni, perché il mondo esterno e il mondo ‘dentro’ devono essere in costante dialogo”. ”

 

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