Parità, diritti e partecipazione

Pd chiede modifica della legge nazionale sul professionismo sportivo: no a discriminazioni delle donne

Con una risoluzione (prima firmataria Nadia Rossi) i dem chiedono all’esecutivo regionale di sostenere le atlete emiliano-romagnole e di garantire parità di trattamento tra settore sportivo maschile e femminile

Nadia Rossi (Pd)

È il Partito democratico a chiedere, con una risoluzione (prima firmataria Nadia Rossi), all’esecutivo regionale di sollecitare il governo regionale per arrivare a “una normativa equa, antidiscriminatoria ed efficace nella regolamentazione del professionismo sportivo”.

L’atto è stato sottoscritto anche da Roberta Mori, Valentina Ravaioli, Marcella Zappaterra, Luciana Serri, Manuela Rontini, Stefano Caliandro, Paolo Calvano, Gianni Bessi, Antonio Mumolo, Enrico Campedelli e Roberto Poli.

Nella normativa nazionale, spiegano i consiglieri del Pd, “si evidenzia una disparità di trattamento: sono infatti le singole federazioni a stabilire, a propria discrezione, chi è un professionista dello sport e chi no”. Oggi, rimarcano, “solo quattro sport in Italia sono considerati passibili di professionismo: calcio, golf, basket e ciclismo”. Ma in questi sport, proseguono, “a potere ambire al professionismo sono solo gli atleti maschi, essendo esplicitamente escluse le donne”.

Questa situazione, insistono gli esponenti della maggioranza, “ha risvolti pratici non indifferenti, non essere professionista significa non fruire di una contrattazione collettiva e di diritti minimi quali assicurazione medica, tutela in caso di invalidità, copertura della maternità”. Inoltre, aggiungono, “a livello fiscale, spesso quello che viene erogato non è uno stipendio, ma fittizi rimborsi spese, premi e indennità, non assoggettati alla contribuzione ordinaria, che al termine della carriera sportiva non danno diritto né alla pensione né al trattamento di fine rapporto”.

Il Partito democratico chiede quindi “un provvedimento legislativo che dia adeguata soluzione a una situazione discriminatoria non più procrastinabile, che ponga in capo al legislatore la responsabilità di fissare i criteri necessari a definire in ogni sport chi è professionista e chi è dilettante, donna o uomo che sia, e che sostenga anche economicamente le società sportive”.

Rossi e colleghi chiedono poi al governo regionale di “attuare tutte le azioni opportune e possibili per sostenere le atlete emiliano-romagnole che praticano l’attività sportiva ad alti livelli”. E, sempre in un’ottica di parità di genere, chiedono all’amministrazione di vigilare affinché “gli investimenti delle realtà regionali siano paritari tra sport maschile e sport femminile”.

(Cristian Casali)

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