“Un cruscotto per individuare, nell’analisi delle banche dati oggi accessibili, gli indicatori quantitativi e qualitativi potenzialmente rivelatori della presenza di una cooperativa falsa, applicabili anche alle false imprese”. E’ il risultato più significativo della relazione finale, conclusiva dei lavori e del mandato della commissione, presentata nell’ultima seduta della commissione Speciale di ricerca e studio sul fenomeno delle cooperative cosiddette spurie o fittizie dal presidente Luca Sabattini. La relazione è stata approvata all’unanimità – presenti i consiglieri di Pd, Si, Misto (Silvia Prodi), Ln, M5s e AltraER. Il cruscotto– ha puntualizzato Sabattini– è stato realizzato grazie al contributo di una pluralità di soggetti e consentirà di “tracciare un identikit della potenziale coop fittizia, utile sia per farsi un’idea preventiva sia per effettuare un controllo di tipo ispettivo”.
La relazione
La relazione si compone di 5 capitoli. Il primo inquadra la cooperazione sotto il profilo storico, sociale ed economico mentre il secondo ne delinea gli aspetti giuridici. I lavori della Commissione speciale di ricerca e studio trovano ampia illustrazione nel terzo capitolo. Il quarto esamina la degenerazione della cooperazione, evidenziando come le false cooperative siano funzionali a creare dumping salariale e distorsione della concorrenza. Il quinto e ultimo capitolo riporta gli indicatori sintomatici della falsa cooperazione. Alla relazione verrà aggiunta la parte contenente le conclusioni, frutto del confronto fra i commissari, e sarà allegata a un atto d’indirizzo che verrà votato dall’Aula. “Il fenomeno della cooperazione- ha sottolineato il presidente- è stato ben fotografato dalla Commissione, effettuando un excursus giuridico e focalizzando gli elementi distorsivi tipici della falsa cooperativa grazie ai quali è stato predisposto il cruscotto. L’utilità del cruscotto è rendere trasparente il fenomeno della falsa cooperazione e della falsa impresa affinché si affini ed estenda il controllo sociale. Questo per tracciare una netta distinzione tra la cooperazione mutualistica seria e quella fittizia, che era uno degli obiettivi principali del mandato della Commissione”.
Il cruscotto
Indicatori quantitativi. Una cooperativa falsa presenta un elevato numero di soci-lavoratori a fronte di una quota esigua di capitale versato. Ha breve durata (massimo 2 anni), per eludere i controlli, e si configura come una “scatola vuota”, cioè viene costituita per trasferire blocchi di personale da una cooperativa a un’altra senza un atto giuridicamente rilevante e per svolgere solo determinate prestazioni o fasi di lavorazione (mono committenza), al fine di ridurre i costi del lavoro. Fornisce esclusivamente manodopera e non presenta immobilizzazioni strumentali o know-how. Ha patrimonio netto negativo, costo per unità di personale inferiore ai minimi sindacali e indebitamento bancario quasi inesistente se confrontato col fatturato, al fine di eludere tracciabilità e controlli. Condivide con altre cooperative un’unica sede legale e, nei vari passaggi da una coop all’altra, mantiene gli stessi amministratori e la stessa base occupazionale (lavoratori). Infine, presenta irregolarità contributive (mancato versamento dei contributi previdenziali), amministrative e fiscali e spesso non ha un bilancio di esercizio approvato.
Indicatori qualitativi. Una cooperativa fittizia non è iscritta alle centrali cooperative, è praticamente priva di attività sindacale interna, eccettuate sigle di comodo che stipulano contratti “pirata”, e non applica un contratto collettivo sottoscritto dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative. Infine, non ha un regolamento interno e la partecipazione alle assemblee dei soci-lavoratori è pressoché inesistente.
Il dibattito
Preoccupata l’analisi di Piergiovanni Alleva (AltraER): “Il fenomeno della falsa cooperazione e della falsa impresa ha connotazione sistemica. Si configura, cioè, come una condotta articolata di stampo criminale finalizzata a massimizzare i profitti abbattendo il costo del lavoro. Come? Facendo transitare gli operai, per lo più stranieri, in cooperative fittizie cui viene appaltata la produzione attraverso fornitura di mera manodopera. Questo per non applicare i contratti collettivi nazionali, quindi sottopagando i lavoratori (straordinari mal pagati, trasferte fittizie, mancati versamenti previdenziali e contributivi)”. Una possibile spia di questa condotta fraudolenta, secondo il consigliere, potrebbe essere “la scelta di cooperative o aziende, specie di grandi dimensioni, di dare in appalto il proprio core business, ad esempio la produzione”. Alleva, per contrastare con efficacia il fenomeno della falsa cooperazione, invoca correttivi normativi da parte del legislatore nazionale: “Occorre, ad esempio, reinserire parità di trattamento tra i lavoratori della cooperativa o impresa committente e quelli della cooperativa appaltatrice”.
Un coinvolgimento maggiore delle Camere di Commercio per svolgere controlli più estesi e puntuali sulle cooperative viene sollecitato da Stefano Bargi (Ln). “Le Camere di Commercio- spiega il leghista- hanno varato il fascicolo elettronico d’impresa, un servizio che consente alle amministrazioni pubbliche di accedere direttamente a documenti, atti, certificazioni e autorizzazioni relativi a un’impresa. Dunque, le Camere potrebbero essere coinvolte nell’applicazione del cruscotto al fine di mettere a punto anche un fascicolo elettronico per le cooperative, finalizzato alla creazione di una white list”. Anche per Bargi, infine, è necessario segnalare a governo e Parlamento “la necessità di una revisione del quadro normativo, in particolare in materia di appalti”.
L’invito al presidente di redigere un ordine del giorno da presentare in Aula, con allegata la relazione finale della Commissione, al fine di coinvolgere l’Assemblea legislativa e la Giunta nella richiesta a governo e Parlamento di revisione della legislazione sul lavoro e in materia di cooperazione, accomuna Silvia Prodi (Misto), Antonio Mumolo e Gianni Bessi (Pd) nonché Igor Taruffi (Si), che si spingono anche a chiedere l’impegno della Regione “a investire risorse finanziarie per garantire l’applicazione del cruscotto”.
Di falsa cooperazione e falsa impresa come “fenomeno criminale da sradicare, in quanto presenta rapporti sistemici tra imprenditori rapaci e professionisti” parla Giulia Gibertoni (M5s), vicepresidente della Commissione. La pentastellata suggerisce un ulteriore indicatore da inserire nel cruscotto: l’asseverazione di conformità del rapporto di lavoro. Inoltre, nel rivendicare ai 5 stelle il merito di aver dato impulso all’istituzione della Commissione, formulando richiesta di menzione nella relazione finale, Gibertoni rivela: “Ritenendo il lavoro della Commissione importante ma non risolutivo, ho curato la stesura di un disegno di legge per il contrasto alla falsa cooperazione che è stato presentato dal gruppo M5s alla Camera dei deputati. In forza di questo, ho già preso contatti diretti col neo ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, che ha istituito un tavolo dedicato al tema. Credo che il governo e la maggioranza procederanno spediti all’esame della proposta di legge e auspico un sostegno anche da parte di tutte le opposizioni”.
(Luca Govoni)