“Ho perso tutti i miei capelli in 10 minuti. Avevo 21 anni e quattro mesi dopo dovevo sposarmi”. Claudia Cassia, presidente dell’Associazione alopecia&friends, racconta così la sua storia, togliendosi la parrucca e mostrandosi in “versione cabrio”- sdrammatizza- alla commissione Politiche per la salute. “Non è solo un problema estetico, è una malattia”, ha sottolineato più volte Cassia, invitata a parlare dell’Alopecia areata assieme alla dottoressa Bianca Maria Piraccini, responsabile dell’ambulatorio di allergologia e malattie degli annessi cutanei e del laboratorio di micologia e parassitologia dermatologica della clinica dermatologica del policlinico Sant’Orsola-Malpighi di Bologna.
“L’Alopecia areata- ha spiegato la dottoressa- è una malattia autoimmune e deve essere riconosciuta come tale. Non c’entra lo stress o il livello psicologico: qui ci sono anticorpi che vedono come estranei i bulbi piliferi e li attaccano. È una malattia che riduce la qualità della vita”. Parole a cui hanno fatto eco quelle della presidente dell’associazione: “Oltre che sul fisico (porta con sé altre patologie, ndr) incide sull’aspetto sociale: pensate all’impatto che può avere la perdita delle sopracciglia, che disegnano il volto e la sua espressività. Alcuni perdono il lavoro, altri le famiglie e si chiudono in casa”.
Cassia e Piraccini erano inseme di fronte alla Commissione per sensibilizzare la politica dell’Emilia-Romagna visto che i pazienti affetti da questa malattia “brancolano nel buio” e non trovano nella parte medica e in quella sociale una risposta ai loro dubbi. “Vogliamo essere considerati malati come tutti gli altri- ha chiesto Cassia- e chiediamo supporto per l’acquisto di protesi e parrucche perché hanno un costo elevato”.
L’audizione ha avuto un effetto emotivo ma anche pratico: la risoluzione del Partito democratico (a prima firma Francesca Marchetti) che chiede parrucche gratuite per donne e bambini con patologie che causano la perdita dei capelli è stata votata all’unanimità (favorevoli oltre a Pd e Gruppo misto, anche Forza Italia, Fratelli d’Italia e Movimento 5 stelle). L’atto d’indirizzo impegna l’esecutivo anche a “richiedere al governo nazionale il riconoscimento dell’alopecia areata quale patologia cronica da inserire fra le malattie aventi diritto all’esenzione ticket o quale patologia rara, affinché venga data la possibilità alle persone con questa patologia di scaricare fiscalmente tutte le spese sostenute per l’acquisto di protesi e per i trattamenti di dermopigmentazione” e a “istituire un tavolo di confronto e di approfondimento con le associazione dei malati affetti da alopecia areata e con il centro di riferimento specializzato del policlinico Sant’Orsola di Bologna in merito ai percorsi di cura e di riconoscimento di questa patologia”.
Dai banchi del Pd Francesca Marchetti ha voluto sottolineare l’importanza della “sensibilizzazione. Parlare della malattia- ha affermato- aiuta la ricerca e permette ai malati di non sentirsi abbandonati. Dobbiamo intraprendere questa battaglia per la conoscenza dell’Alopecia areata anche a livello nazionale in modo che venga riconosciuta e inserita nei Livelli essenziali di assistenza”. E sull’essenzialità della parrucca è intervenuto Andrea Galli di Forza Italia: “Non è un vezzo estetico ma un presidio sanitario come tutti gli altri”. Fabio Callori di Fratelli d’Italia ha invece puntato i riflettori sui “banditi che sfruttano le debolezze dei malati presentandosi come salvatori. Dobbiamo contrastare queste persone”. Poi ha lanciato un invito: “L’Ausl di Piacenza dovrebbe creare un punto informativo su questa malattia anche nella nostra provincia”. Infine Paolo Calvano (Pd) ha rimarcato come “lo Stato e il pubblico debbano farsi carico delle esigenze dei malati. L’Alopecia areata deve essere inserita nei Lea e riconosciuta”.
La risoluzione è stata siglata anche da Paolo Calvano, Barbara Lori, Stefano Caliandro, Roberto Poli, Roberta Mori, Enrico Campedelli, Katia Tarasconi, Manuela Rontini, Fabrizio Benati, Nadia Rossi, Antonio Mumolo, Valentina Ravaioli, Luciana Serri, Alessandro Cardinali e Paolo Zoffoli, tutti del Pd.
(Andrea Perini)