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Ambiente. Facci (Lega): quali precauzioni in chiave COVID nel trattamento dei fanghi per il riuso agricolo?

Il consigliere primo firmatario di un’interrogazione sulle norme di gestione dei fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue civili e industriali per prevenire la potenziale diffusione del COVID attraverso tale veicolo

Il tema della gestione dei fanghi generati dal trattamento di depurazione delle acque reflue civili e industriali è questione che ha assunto un’importanza sempre maggiore negli ultimi anni. La produzione di questi rifiuti speciali, generati soprattutto dal trattamento biologico delle acque reflue, si concentra in regione nelle province di Bologna, Modena, Reggio Emilia e Ravenna e, secondo i dati del 2013, ha generato oltre 51 mila tonnellate di sostanza secca. Questo tipo di materiale è stato oggetto di una specifica normativa da parte della Regione, che – scrive Michele Facci (Lega) – “ha stabilito nuove disposizioni per l’utilizzo agronomico dei fanghi di depurazione fornendo, nelle more di una più completa revisione della normativa statale nel settore dei fanghi, indicazioni per gli operatori del settore e per le autorità di controllo, allo scopo di salvaguardare la qualità dei suoli ad uso agricolo nel territorio regionale”. Nell’aprile scorso, poi, in piena emergenza COVID, il Gruppo di lavoro dell’Istituto Superiore di Sanità su Ambiente e Rifiuti, rilasciando specifiche indicazioni ad interim sulla gestione di questo rifiuto speciale per prevenire la diffusione del virus, aveva adombrato la possibilità che tracce del virus potessero permanere nei fanghi non trattati. Questi dubbi, che al momento non hanno portato ad alcun allarme esplicito, sono poi stati corroborati nelle scorse settimane da specifiche rilevazioni che attesterebbero la presenza di COVID nelle acque di scarico delle grandi metropoli del Nord in periodi antecedenti il lockdown. Il consigliere Facci, alla luce di una situazione ancora oggetto di studio da parte della comunità scientifica, ricorda in maniera esplicita come “in materia di tutela ambientale, alimentare, del consumo, e comunque nell’ambito della tutela della salute umana, animale e vegetale, vige il principio di precauzione, citato nell’articolo 191 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (UE), con lo scopo di garantire un alto livello di protezione dell’ambiente mediante l’adozione di misure preventive in caso di situazione di potenziale rischio” e rivolge alla Giunta una serie di domande puntuali. In primis il consigliere leghista chiede l’elenco degli impianti di stoccaggio e depurazione dei fanghi presenti su territorio regionale, affiancato da analoga lista delle zone di spargimento dei fanghi trattati. In via generale, infine, i quesiti su quali “misure di tutela e prevenzione della salute e dell’ambiente siano state adottate dalla Regione Emilia-Romagna, tramite Arpae e/o altri Enti, a seguito della pubblicazione del Rapporto ISS COVID-19 n. 9/2020” e quali azioni si vogliano adottare “per la tutela dell’ambiente e della salute pubblica in materia di riutilizzo dei fanghi prodotti dalla depurazione delle acque”. L’interrogazione è stata sottoscritta anche dai consiglieri Valentina Stragliati, Daniele Marchetti ed Emiliano Occhi.

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