La Regione garantisca “l’utilizzo esclusivo della lingua italiana negli atti della pubblica amministrazione”.
La richiesta è del consigliere Michele Barcaiuolo (Fratelli d’Italia) che ha presentato una risoluzione firmata anche dai consiglieri Marco Lisei e Giancarlo Tagliaferri.
La lingua è “l’identità della nostra nazione, il nostro elemento unificante” e da anni gli studiosi, tra cui quelli dell’Accademia della Crusca, “denunciano il progressivo scadimento del valore attribuito alla nostra lingua e segnalano l’importanza di una maggiore tutela dell’italiano e del suo utilizzo anche nella terminologia amministrativa da parte dello Stato, delle sue articolazioni territoriali nonché degli strumenti di diffusione culturale pubblici”. L’uso sempre più frequente dell’inglese ha portato, secondo una stima, a un aumento del 773% delle parole confluite nella lingua scritta italiana, con circa 9mila anglicismi presenti all’interno del dizionario Treccani.
Secondo Barcaiuolo, “oltre all’utilizzo di vocaboli stranieri, atti e comunicazioni amministrative si stanno caratterizzando dall’utilizzo del cosiddetto linguaggio di genere e dall’utilizzo di “*” oppure “ə” come storpiatura del maschile sovra esteso, come previsto dalla grammatica italiana, per rivolgersi a una moltitudine mista di individui”. Il consigliere scrive che “l’utilizzo di simbologia neutra sembra quasi voler essere un modo per neutralizzare il patrimonio culturale e linguistico proprio della storia italiana, scardinando valori e tradizioni che caratterizzano l’Italia e la differenziano come unicum rispetto ad altre nazioni”.
Barcaiuolo conclude: “Non è più ammissibile che si impongano termini stranieri la cui corrispondenza italiana esiste ed è pienamente esaustiva”.
(Gianfranco Salvatori)