“Il tempo delle donne. Parità di genere, equità salariale, conciliazione vita-lavoro. Le pari opportunità per far ripartire il paese”. Il titolo scelto per la Conferenza delle elette è emblematico, perché “è un titolo- spiega il presidente della commissione Parità Federico Alessandro Amico– che vuole essere un’esortazione e una speranza per questo tempo che avvertiamo carico di attese. È appena passata la Festa dei lavoratori e la scelta di convocare la Conferenza delle elette proprio a ridosso di questa ricorrenza è tutt’altro che casuale. Nei giorni scorsi- insiste Amico- è stato presentato il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Avremmo voluto leggere un testo molto più ambizioso per le donne. Il 40% delle risorse è orientato alla transizione ecologica e il 27% a quella digitale, ma si tratta di settori in cui l’apporto del lavoro femminile è purtroppo ancora residuale. Nel Pnrr manca del tutto una visione integrata della capacità che le donne avrebbero di far crescere l’Italia. È evidente nel fatto che i 4,6 miliardi stanziati per creare 228mila posti in più negli asili nido e scuole dell’infanzia, e per 1.000 mense extra, sono ancora troppo pochi per raggiungere gli obiettivi europei. Il lavoro delle donne sconta una resistenza culturale storica, che ostacola lo sviluppo del Paese e della società. Le donne italiane impiegano il 76,5% di tempo in più rispetto agli uomini nel lavoro di cura non retribuito e i meccanismi dei congedi parentali sono ancora troppo orientati al solo sostegno alla maternità. Un divario cresciuto ulteriormente con l’emergenza pandemica”.
E proprio sulla conciliazione vita-lavoro interviene anche la presidente dell’Assemblea legislativa Emma Petitti: “Sostenere l’equilibrio tra tempi per la famiglia e tempi per il lavoro rappresenta una questione strategica per lo sviluppo economico del Paese, per la mobilità sociale e per l’accorciamento delle disuguaglianze economiche. E poi non dobbiamo dimenticare le donne che sono state ‘costrette’ a rinunciare al proprio impiego. Come conseguenza della crisi economica globale legata all’emergenza sanitaria da Covid, a dicembre 2020 sono tornati a calare gli occupati: una perdita di posti di lavoro di 101mila unità di cui 99mila sono donne. E dei 444mila occupati in meno registrati in Italia in tutto il 2020, il 70% è costituito da donne. Un dato negativo pesantissimo. Il motivo per cui il crollo occupazionale è un affare soprattutto femminile non è difficile da intuire: la natura del lavoro stesso rivela che ci sono ancora discrepanze tra uomini e donne. Le donne sono impiegate soprattutto nei settori che più di tutti stanno vivendo la crisi, come quello dei servizi, spesso con contratti che danno poca sicurezza e stabilità. Per questo oggi sono le prime vittime sacrificali”.
E nel periodo Covid, sottolinea Evelyn Regner, presidente della Commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere del Parlamento europeo, “è emerso ancora di più come il 75% dei lavoratori in prima linea sono donne, che hanno però anche la responsabilità del lavoro domestico. E non dobbiamo dimenticarci che spesso sono madri single, donne che accudiscono parenti, e per quanto si sia registrato un incremento del lavoro domestico da parte degli uomini, le donne hanno un monte ore di 12 ore in più rispetto agli uomini. Secondo il forum economico europeo, siamo tornati indietro di 36 anni rispetto all’avanzata femminile per l’equità”.
L’assessora regionale alle pari opportunità Barbara Lori riparte dai numeri: “Tra marzo e giugno 2020 ci sono stati gli effetti peggiori: si sono perse 37mila posizioni dipendenti, con una quota femminile pari al 60%, percentuale che equivale a 22mila posizioni. E se anche la nostra regione ha numeri migliori rispetto al resto d’Italia, ci sono comunque squilibri tra le donne e gli uomini, con maggiore diffusione della precarietà. Noi, come Regione, abbiamo avviato un bando per finanziare 42 progetti sui temi del lavoro e questa misura ha supportato tanti progetti. Altra azione messa in campo è il supporto all’imprenditoria femminile con un fondo apposito”.
Infine, la sottosegretaria al Ministero dell’Economia Maria Cecilia Guerra sottolinea come sia “necessario pensare a importanti politiche di conciliazione ma soprattutto politiche di condivisione. Abbiamo bisogno di politiche orizzontali, cioè che anche gli uomini diventino parte integrante nella cura dei figli e del lavoro domestico. Dobbiamo superare stereotipi e fare un investimento sull’educazione. La scelta fondamentale del Pnrr è quella di assumere le politiche di genere con un’ottica trasversale, non contemplando solo qualche soldo da investire, ma per ogni politica che si va a impiantare, serve capire quale sarà l’impatto di genere”.
(Margherita Giacchi)