Ambiente e territorio

Audizione della commissione Ambiente sul Piano Territoriale Metropolitano di Bologna

Audizione richiesta e sollecitata da Marco Mastacchi (Rete Civica) che aveva lanciato l’allarme sul blocco del cambio d’uso per i fabbricati rurali, soprattutto in zone montane

“Spiace che questa audizione avvenga dopo l’approvazione del Pianto Territoriale Metropolitano di Bologna, ma è comunque un’occasione per capire in maniera definitiva i contenuti di un importante strumento pianificatorio di cui si è dotata la Città Metropolitana che potrebbe avere conseguenze negative sulle zone rurali, soprattutto se poste in aree montane”.

Così Marco Mastacchi (Rete Civica) nel presentare il programma di audizioni fortemente richieste e sollecitate sul Piano Territoriale Metropolitano di Bologna svoltosi durante i lavori della commissione Ambiente, Territorio e Mobilità presieduta da Stefano Caliandro.

Mastacchi, in particolare, lancia l’allarme sulla parte del Piano che impedirebbe la trasformazione dei fabbricati rurali da uso agricolo ad abitativo come fatto fino a poco tempo fa. “Quando ho sollevato il problema- continua il capogruppo di Rete Civica- pareva che non avessi interpretato correttamente il Piano ed è per questo che ho accettato di ritirare specifiche risoluzioni che avevo presentato all’Aula per arrivare a questo confronto. Vedo quindi con favore l’audizione odierna e spero che si possa addivenire a un’interpretazione univoca di questo importante strumento pianificatorio, anche se da Maggio (quando il Ptm è stato approvato) ad oggi, sono già numerosi i dinieghi arrivati dai Comuni sulle richieste di trasformazione d’uso dei fabbricati.

Secondo il consigliere delegato alla Città metropolitana di Bologna Marco Monesi, “le osservazioni avanzate da Mastacchi – alcune delle quali già accolte – andavano presentate prima dell’adozione del Piano territoriale metropolitano, avvenuto il 23 dicembre 2020”. Sul piano politico, ha spiegato Monesi, l’impianto normativo è stato impostato non solo considerando il consumo di suolo, ma anche il contrasto ai cambiamenti climatici. Per il consigliere, poi, sono state ridotte le diseguaglianze fra Comuni: potrà realizzare infrastrutture anche un Comune che prima non poteva farlo, valorizzando, ancorché non sul piano edilizio, ciò che ogni territorio ha come vocazione precipua (acqua, aria, cibo). Il Ptm, inoltre, si è mosso in coerenza con gli obiettivi dati e riassunti nel documento strategico. Nello specifico, il personale tecnico della Città Metropolitana di Bologna ha confermato come il Ptm sia pienamente aderente alla legge regionale e garantisca un’ampia gamma di edifici recuperabili, mentre sarebbero esclusi solo gli edifici più recenti fatti di elementi prefabbricati che possono essere recuperati solo in adiacenza a parti abitate o raggiunte da servizi pubblici essenziali.

“Il Ptm affronta temi fondamentali per le imprese di costruzioni” ha scandito  l’Associazione nazionale costruttori edili. L’auspicio “è che ci sia un monitoraggio del Ptm e che si esaminino le criticità durante la prima fase di sperimentazione”. Anche per l’Ance temi come il consumo di suolo e gli interventi in espansione, sono strategici. Così come le quote di terreno, il 3% che però si basa su accordi territoriali che definiscono la percentuale differenziata. Va studiata una compensazione economica per i Comuni”. Positiva è stata ritenuta la gestione oculata. Ci sono, però criticità sulla difficile attuazione di alcuni punti negli accordi territoriali e la Legge regionale 24. Nel Ptm le disposizioni per le aree agricole hanno già fatto emergere alcune criticità. “La tutela delle aree agricole- ha affermato l’Associazione costruttori- è condivisa, ma c’è un edificato sparso. Se il Ptm non introduce rigenerazione e flessibilità, per quanto riguarda il recupero, si accentua l’abbandono e lo spopolamento della montagna e della campagna, facendo aumentare i ruderi. “La sensazione- concludono i costruttori- è che non ci sia sempre contezza di ciò che serve per rigenerare i territori”.

Molto netta la posizione dell’Ordine degli Architetti di Bologna che si dichiara amareggiato per la situazione creatasi. “Se il percorso di confronto esperito con gli agricoltori è stato positivo, non possiamo dire altrettanto per ciò che è stato fatto con i professionisti. Noi abbiamo partecipato solo a un’audizione nella quale, a fronte dei nostri rilievi, ci è stato detto che non si poteva modificare nulla”. I professionisti bolognesi ricordano poi come gli “architetti non vivono per rovinare il territorio rurale che è comunque fortemente caratterizzato dall’uomo. Senza manutenzione e preservazione del patrimonio architettonico esistente i territori vengono consegnati all’abbandono”. L’Ordine degli Architetti bolognese plaude infine alla semplificazione attuata dal Ptm, ma “non si capisce la fretta usata per chiudere questo documento se non con la necessità che la città di Bologna si potesse dotare del proprio Piano urbanistico generale”.

Le norme non appaiono così chiare, soprattutto sul recupero degli edifici, ha messo in evidenza l’Ordine dei Geometri. Ricordando che la Regione ha detto che si possono recuperare tutti gli edifici, sottolinea che, ad esempio, gli edifici storici non sono stati tutti classificati, impedendo così il recupero di alcune parti se non per il solo uso agricolo. Un esempio sono le Corti coloniche, spesso costituite da una casa padronale e dai servizi legati all’agricoltura (stalle, fienili, porcilaie, etc). Ma i servizi, hanno continuato i Geometri, non si possono modificare se non a uso agricolo. “Chiediamo- precisa l’Ordine- di intervenire anche sui servizi, definendo parametri diversi. Se la casa è piccola va bene, ma se la superficie è grande c’è un problema e si palesa il rischio di abbandono. La Legge regionale sul contrasto allo spopolamento fa emergere il problema dei servizi su cui si è spostato l’accento”. Infine, il Ptm va oltre le proprie competenze sugli edifici storici composti di due unità immobiliari che sono esclusi: si pone una limitazione e non si definisce il tutto.

Decisamente contraria al PTM è Confagricoltura che si aggiunge decisamente alle perplessità espresse dalla Confederazione Italiana Agricoltori sulla possibile dispersione abitativa che si sarebbe potuta generare. Per Confagricoltura è stata male interpretata la Legge urbanistica regionale che prescrive il consumo zero del territorio. “Il problema di questo Ptm -prosegue l’Associazione di categoria- è la rete infrastrutturale che viene delineata che penalizza grandemente gli insediamenti. L’attuale gestione dell’immenso patrimonio delle corti coloniche disseminate sul territorio è un chiaro problema perché non permette il riuso se non con una divisione pura e semplice delle superfici edificate”.

Al termine Monesi ha replicato ad alcuni interventi: “Noi amministratori cerchiamo di considerare tutti i punti di vista e abbiamo accolto l’81% delle osservazioni pervenute. E per la prima volta, ci sono state osservazioni a sostegno del Ptm”. Per Monesi, ad oggi c’è una fase zoppa: “Il Pug dei Comuni che daranno l’ossatura urbanistica dell’area metropolitana. Gli obiettivi strategici li deve dare l’Assemblea”.

Legambiente Imola e Medicina, criticando tempi e modi per la partecipazione alla discussione da parte di tutti i portatori di interessi, ha specificato come “non sia criticabile il Ptm in sé, ma i problemi nascono quando questi provvedimenti vengono calati sui vari territori”. Legambiente, nello specifico del territorio di interesse, ha criticato aspramente la proliferazione dei poli logistici “che non solo sono legati ad attività ad alto tasso di inquinamento, ma che richiedono un evidente consumo di suolo”.

“Gli interventi- ha replicato dopo le audizioni Mastacchi– vanno verso i problemi da me sollevati, con tanti aspetti non rispondenti alla realtà. Bisogna chiarire la confusione che emerge e che si sta concretizzando. C’è incoerenza tra il Ptm e la legge per il riuso di suolo e di contrasto al consumo. C’è incoerenza con la legge nazionale. Il Ptm vuole normare in modo più restrittivo rispetto allo Stato”. Secondo Rete Civica, “da una parte ci si batte contro lo spopolamento e dall’altra si limita il recupero. Ci sono poi problemi sul finanziamento. E non si considerano le differenze fra i territori. Infine, noto il contrasto tra il bando della Regione per le giovani coppie e l’impossibilità poi di interventi di recupero delle case”.

Molto duro l’intervento di Michele Facci (Lega) che ha parlato “di un’evidente contraddizione tra il Ptm elaborato dalla Città Metropolitana di Bologna e quanto disposto dalla Legge regionale urbanistica. Il fatto che un ente sotto ordinato come la Città Metropolitana proponga un documento come il PTM dovrebbe creare molti dubbi alla Giunta Bonaccini, che dovrebbe intervenire in maniera decisa sul tema”.

(Luca Boccaletti e Gianfranco Salvatori)

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