Quali sono state le azioni intraprese negli ultimi anni per incentivare forme di utilizzo del calore di scarto derivante da impianti industriali? Quali misure sono allo studio per incentivare l’utilizzo del calore di scarto (Waste Heat) per soddisfare parte della domanda di energia della collettività, anche al fine di fronteggiare i rincari delle bollette di luce e gas?
Sono le domande poste alla Regione da Fabio Bergamini (Lega) in un’interrogazione siglata anche dai colleghi Stefano Bargi, Gabriele Delmonte, Emiliano Occhi, Fabio Rainieri, Andrea Liverani, Maura Catellani, Matteo Rancan, Massimiliano Pompignoli, Michele Facci e Matteo Montevecchi.
La transizione ecologica voluta dall’Unione europea va verso l’uso di energie sostenibili per produrre elettricità, abbandonando progressivamente le fonti fossili. Bergamini scrive che “l’industria alimenta la propria capacità produttiva con circa il 25% dei consumi energetici totali, ma si stima anche che il 20-50% dell’energia consumata dall’industria vada disperso in calore che, viceversa, potrebbe essere utilizzato per svariati scopi”. In diversi Paesi ci sono progetti “che forniscono energia a ospedali, strutture scolastiche o impianti di altro tipo, attraverso un approccio ‘Combined Heat and Power, cioè recuperando calore di scarto. Le aziende, suggerisce il consigliere leghista, potrebbero avere agevolazioni e utilizzando il calore di scarto si potrebbero “abbattere sostanzialmente consumi e costi relativi alle cosiddette fonti fossili”.
Attualmente, però, conclude Bergamini “pare scarso l’interesse delle Istituzioni in tal senso, così come assai limitato appare l’ambito di applicazione delle tecnologie necessarie a utilizzare il calore di scarto, come emerge dagli ultimi dati disponibili” cioè dal Rapporto Energia Emilia-Romagna (2020) di Arpae.
(Gianfranco Salvatori)


