L’uso appropriato del linguaggio per permette un’adeguata rappresentazione di donne e uomini nella società. Le linee guida in ottica di genere nella comunicazione della Regione Emilia-Romagna sono stati i temi al centro della Commissione parità, presieduta da Federico Amico.
In apertura di commissione, il presidente Amico ha invitato a una riflessione sul Giorno del Ricordo, che ricorre il 10 febbraio: “Nel condannare ogni forma di violenza ricordiamo le vittime delle foibe, di tutte le guerre e dell’esodo forzato per motivi ideologici. Ancora oggi ci sono rifugiati in cammino nella nostra Europa nella più completa indifferenza. Ci auguriamo che questa giornata educhi al rispetto reciproco e al rifiuto di ogni forma di violenza”. È seguito un minuto di silenzio prima dell’inizio della Commissione.
Nel corso della seduta è emerso come le parole siano importanti e come il linguaggio faccia la differenza nell’approccio culturale e nella visione di uomo e donna nella società. È fondamentale, su questo si è registrata la più ampia condivisione, puntare sulla formazione. “Il linguaggio- ha sottolineato il presidente Amico- non è solo un modo di comunicare ma anche un modo di tessere relazioni ed è giusto che le istituzioni siano sempre più inclusive e consapevoli che il linguaggio non è neutro e il suo uso è importante anche per rimuovere la violenza. È fondamentale, quindi, adottare forme linguistiche che evitino di far pensare che uomini e donne siano destinati a ruoli diversi”.
L’assessora alle Pari opportunità Barbara Lori ha ricordato che “nel nuovo piano triennale del contrasto alla violenza di genere c’è una parte importante che riguarda il tema del linguaggio e fra le molteplici attività di formazione verrà dedicata una parte mirata al mondo della scuola, in rete con le forze dell’ordine”. “In questi anni- ha aggiunto Lori- abbiamo maturato esperienze significative, ma abbiamo bisogno di garantire che tutto il territorio regionale possa cogliere queste opportunità, anche laddove certe sensibilità sono meno forti. Dei 2 milioni di euro stanziati per la promozione della parità di genere ci sono progetti che riguardano il linguaggio, fondamentale per definire l’identità”.
La sociolinguista Vera Gheno ha commentato: “Sta cambiando qualcosa, sia in termini di visione della società sia in termini di socializzazione. C’è una rivoluzione lenta ma costante in corso sul ruolo che una donna ha oggi nella società. Quando si parla di parole si fa l’errore di staccarle dal resto, invece, fra società, parole e realtà c’è una relazione circolare. Se cambio le parole posso cambiare il modo in cui vedo la realtà”.
Per Giovanna Cosenza, docente di Semiotica all’Università di Bologna, “oggi c’è una maggiore sensibilità ma occorre ancora lavorare e puntare sulla formazione per l’uso corretto di parole e immagini”. “Ho lavorato molto sugli stereotipi- ha spiegato- che spesso vengono intesi con un’accezione negativa e su questi occorre fare leva. Importante anche sensibilizzare gli uomini sulla rilevanza della questione del linguaggio”.
Tindara Addabbo, docente di Economia del lavoro all’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia ha aggiunto: “Le linee guida devono tener conto di una maggiore sensibilità verso l’utilizzo di declinare al femminile incarichi e ruoli ricoperti da donne. Nella definizione delle linee guida dobbiamo essere attenti anche ai riferimenti culturali di chi ascolta. Per cambiare la realtà bisogna conoscere le radici delle discriminazioni e dare voce a tutte le diversità. Per questo è importante la formazione a un linguaggio di genere non discriminatorio. In questa direzione l’università ha un compito fondamentale da esercitare insieme alle altre istituzioni, anche finalizzato ad aprire spazi di dialogo, condivisione e creatività”.
Critiche le opposizioni. Valentina Castaldini di Forza Italia ha concordato sul fatto che “l’uso della parola è importante ma non basta cambiare il linguaggio per eliminare le ingiustizie. Diversamente, questi studi rischiano di essere totalmente inutili. Serve un dibattito politico allargato a tutte le parti se no rischiamo di parlare sempre delle stesse cose”. Mentre Simone Pelloni della Lega ha sottolineato la propria perplessità “di fronte all’uso forzato del linguaggio all’insegna del politicamente corretto. Non posso credere che il linguaggio usato fino a ora sia così discriminatorio”.
Apprezzamenti invece dalle consigliere di maggioranza. Per Roberta Mori del Pd: “Se le parole sono importanti occorre spenderle al momento giusto e opportuno. Le questioni di forma non sono perdite di tempo e non è giusto declassarle facendo uno schema di priorità. Ci sono tanti modi di fare cultura e promuovere le pari opportunità. Ogni strumento, ogni impegno è utile per l’obiettivo finale”. Per Silvia Zamboni di Europa Verde: “Il linguaggio inclusivo deve essere una regola ed è un tema che è giusto porsi. Non è solo una questione di ‘estetica’ ma ha un profondo significato in termini sociali”.
(Lucia Paci)