COMUNICATO
Parità, diritti e partecipazione

CARCERI. “RISULTATI E NIENTE DEMAGOGIA”, IL COMMIATO DI DESI BRUNO/ FOTO

A fine mandato la Garante detenuti ringrazia la presidente Saliera e rivendica la chiusura dei Cie: Parma e Castelfranco criticità in regione, tanto da fare su misure alternative

“Chiudo questa esperienza che ha consentito di raggiungere importanti risultati, sperando che l’enorme rete di relazioni intessuta con tutti i soggetti coinvolti sul tema delle carceri e delle persone che vi sono detenute sia mantenuta”. Con questa riflessione, rilasciata durante una conferenza stampa, la Garante regionale delle persone private della libertà personale, Desi Bruno, termina il proprio mandato durato cinque anni.
Anni di luci, ma anche di ombre come lei stessa precisa. “Ho sempre cercato la mediazione ad alto livello,- afferma- di tenere una posizione terza che rispettasse e comprendesse tutte le sensibilità, senza comportamenti demagogici, e spesso questo metodo ha pagato”.

Ringrazia tutti, Desi Bruno, ma in particolare la presidente dell’Assemblea, Simonetta Saliera, “sempre molto presente quando al centro c’è il rispetto della dignità delle persone”.

Luci e ombre durante il mandato: tra le prime- afferma Bruno- certamente la chiusura dei due Cie di Bologna e Modena, dopo la denuncia di carenze igienico-sanitarie, inoltre il superamento dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia e la nascita di due Rems (Residenze esecuzione di misure di sicurezza) a Bologna e in provincia di Parma. C’è poi stata la sentenza della Corte europea dei diritti umani del 2014 sulla situazione di sovraffollamento delle carceri, arrivata nel 2010 al limite della sopportabilità con il doppio dei detenuti rispetto alla capienza. Da qui, sono state attivate misure alternative, come gli arresti domiciliari, che hanno portato a una riduzione della popolazione carceraria, – riferisce- tanto che nel 2015, in Emilia-Romagna, il sovraffollamento ha raggiunto una percentuale del 103%, che, tuttavia, in questo ultimo anno ha dato segnali di ripresa per attestarsi al 117% (2.911 detenuti nel 2015 contro i 3.273 di quest’anno). Bruno ricorda anche la ricerca svolta sulla “detenzione al femminile”, che vede solo il 4% dei detenuti di sesso femminile. A parere della Garante “potrebbero rimanere fuori dal carcere, salvo casi di estrema gravità”.

“Molto alto- aggiunge- il numero dei detenuti stranieri. In alcune carceri, per esempio in quello di Modena, sono addirittura superiori agli italiani”. La media in Emilia-Romagna è infatti del 48,4% contro il dato nazionale del 33,8%: si tratta di persone di origine europea e extraeuropea. Più facile- spiega- far scontare la pena nel paese di origine ai primi che non agli extracomunitari. “La presenza di molti stranieri irregolari- evidenzia Bruno- pone problemi di convivenza, con conflitti più importanti tra detenuti, con gli operatori e diversi casi di autolesionismo”.

Altro dato positivo riportato da Bruno il “regime a celle aperte per più ore”. Questa iniziativa, tuttavia,- ribadisce- ha un senso solo se lo stare fuori dalla cella è accompagnato da attività importanti che occupino il detenuto, in caso contrario aumentano i conflitti. E qui una prima ombra: per la Garante “manca un progetto vero che tenga impegnate le persone carcerate. Un carcere che dia la possibilità di studiare e lavorare è meglio di ogni pena, mentre se questa possibilità non c’è la situazione si complica, soprattutto dove sono presenti stranieri”.

“Molto alto” poi il numero dei tossicodipendenti, ma, altra ombra, “le sezioni a custodia attenuata non funzionano al meglio. Serve quindi ragionare sul futuro”.

Delle strutture di detenzione regionali, Bruno cita, tra l’altro, il ‘caso’ di Parma: un carcere di massimo rigore, con una situazione “particolarmente complessa”, dove sono confinati 200 detenuti in “alta sicurezza”, altri in regime di 41 bis, quindi “membri della criminalità mafiosa”, 80 ergastolani. Riguardo a questi ultimi, la Garante parla di un “tema che ci ha molto toccato, che muove le coscienze”. Nel carcere di Parma è compreso un ospedale con 20 posti, aperto a carcerati in grave stato di salute provenienti da altre strutture. Si sta costruendo anche un’ala con altri 200 posti, un progetto che vede la Garante “contraria, perché non risolve il problema di un carcere che ha più bisogno di altri di attenzione”.

Ed è sul Piano carceri che emerge un’altra ombra: per Bruno va “fermato”. Gli spazi, infatti, si possono recuperare senza continuare a costruire nuove strutture che coesistano con le vecchie, ma non funzionino meglio. Manca, tuttavia, un “progetto vero sull’edilizia carceraria, come c’è carenza di educatori, psicologi, guardie carcerarie, tanto che in alcune strutture, come a Piacenza, si fanno pochissime attività per il numero esiguo di educatori”.

Particolare attenzione di Bruno nei confronti della Casa di reclusione di Castelfranco Emilia, nel modenese, “un vero scandalo perché questo patrimonio immenso, con infinite aree inutilizzate, officine e campi vocati all’agricoltura, potrebbe servire all’avvio al lavoro” di almeno 200 detenuti. La Garante punta il dito sull’”assenza dell’amministrazione penitenziaria centrale”, che mostra “una colpevole disattenzione a fronte di centinaia di detenuti che non lavorano”.

Ed è il tema del lavoro che, per la Garante, riveste una importanza particolare: “si sta muovendo qualcosa- segnala- anche sul fronte del rapporto tra carcere e imprenditoria privata: per ora, tuttavia, si tratta solo di interventi di nicchia”, l’auspicio è che nei prossimi anni sia incrementato.

Parole di elogio poi per il carcere di Forlì, “ricco di iniziative”, e un giudizio positivo per gli istituti di piccole dimensioni dove “esiste il rapporto diretto tra le persone”.

Altri problemi affrontati da Bruno quello del Tribunale di sorveglianza con la cronica carenza di magistrati, che però sarebbe ormai superato, e quello del numero di persone in custodia cautelare, anche se “modifiche in positivo sono state fatte”.

La Garante cita poi altre questioni affrontate, come quella dell’istituto penale minorile di Bologna. “Siamo pronti- afferma- a chiudere la pagina non gratificante del carcere minorile, trovando come soluzione forme alternative”, e le risposte date ad almeno 400 segnalazioni da parte di singoli detenuti o collettive su temi come quello della sanità o del disagio per condizioni estreme di detenzione. E c’è anche il neo della “rigidità della burocrazia” da cui dipendono spesso le segnalazioni di condizioni di vita troppo dure nelle strutture.

Parità, diritti e partecipazione