Mettere in campo politiche più incisive contro la siccità, promuovendo misure per la conservazione quali-quantitativa dell’acqua e un suo uso razionale a fini irrigui, produttivi e civili.
A chiederlo, in una risoluzione, è Silvia Zamboni (Europa Verde) che ricorda come “oltre a chiedere lo stato di calamità al governo, bisogna anche agire localmente con politiche finalizzate all’uso razionale dell’acqua e alla sua conservazione sia in termini qualitativi che quantitativi. Le politiche regionali perseguite finora in materia di risorsa idrica e basate sulla preservazione di qualità e quantità, sul risparmio e conservazione, sulla captazione intelligente, sull’uso corretto, sul riuso, sul potenziamento delle strutture esistenti, sul contenimento delle perdite dei canali di bonifica, seppure virtuose, non sono evidentemente riuscite a calmierare a sufficienza gli effetti della grave siccità in corso”.
Da qui la risoluzione per impegnare l’esecutivo regionale a “promuovere e incentivare investimenti nel campo del risparmio idrico in edilizia, nel turismo, nel comparto produttivo, in agricoltura e nella zootecnia intensiva, promuovendo in particolare il riuso delle acque reflue a fini irrigui, provvedendo ai necessari adeguamenti tecnologici dei depuratori urbani (sull’esempio di Mancasale – Reggio Emilia) e di quelli delle industrie (es. conserviere) nonché a promuovere misure specifiche volte al trattenimento della risorsa idrica, applicando le direttive comunitarie sulle nature based solutions, che incentivano anche la ricarica della falda, nello specifico: nuove politiche di gestione dei canali irrigui dell’alta pianura, da invasare nei periodi non irrigui per favorire la dispersione nel sottosuolo con rimpinguamento delle falde, politiche di riutilizzo delle depressioni di ex cava per invasare in periodi di morbida le acque superficiali a fini irrigui e contemporaneamente favorire l’infiltrazione nel sottosuolo con rimpinguamento delle falde e politiche di sviluppo della Ricarica Artificiale Controllata, sull’esempio di quanto realizzato sulla conoide del fiume Marecchia (Rimini), al fine di immagazzinare risorse idriche da utilizzare nei periodi siccitosi, invasare acque di processo certificate idonee o conformi favorire la dispersione nel sottosuolo con rimpinguamento delle falde”.
La risoluzione presentata dalla consigliera ecologista, inoltre, vuole che la giunta “promuova la revisione strutturale della rete irrigua a partire dalla bassa pianura, sostituendo il trasporto superficiale (es. canali) con tubazioni interrate e si opponga a nuove trivellazioni in Adriatico che aggraverebbero la subsidenza e la risalita del cuneo salino nel Delta del Po”. Fra le altre richieste c’è quella di pianificare interventi rapidi e mirati volti a limitare al minimo le perdite nella rete idrica regionale, di pianificare un rapido upgrade dei metodi e delle tecnologie irrigue in uso in Emilia-Romagna per sviluppare l’irrigazione a rateo variabile, applicando pratiche irrigue basate sul protocollo Irrinet del Consorzio di secondo grado del Canale Emiliano Romagnolo (CER), e di promuovere politiche di disincentivazione delle colture altamente idroesigenti, come ad esempio
il kiwi, estranee alle filiere locali di pregio tipo pomodoro, favorendo la loro eventuale sostituzione con altre colture che richiedono meno acqua, ad esempio sostituendo il mais con il sorgo”.
La risoluzione è molta dettagliata, infatti insieme alle richieste sopra esposte, Zamboni chiede di aprire un percorso, in collaborazione con i Comuni e con tutti i portatori di interessi presenti sul territorio regionale, che porti, da un lato, alla riduzione del numero massimo di allevamenti e di capi allevati che è possibile avere sul territorio regionale (così come richiesto da Ispra relativamente alle azioni da avviare anche per ridurre le emissioni di ammoniaca), e, dall’altro, a incrementare l’impegno a sostegno delle aziende di allevamento di dimensioni medio-piccole premiando quelle con la migliore impronta idrica (water footprint), e di promuovere l’inserimento in tutti i piani attuativi e regolamenti edilizi comunali, relativamente ai nuovi insediamenti, o alla ristrutturazione di quelli esistenti, dell’obbligo di adozione di specifiche misure volte al risparmio idrico”.
Si chiede, inoltre, di indirizzare il previsto finanziamento di 3,5 milioni di euro per uno studio di fattibilità della diga in Val d’Enza (impianto che risulta anacronistico e fuori tempo massimo di fronte all’urgenza di rispondere alla crisi idrica) verso progetti di più veloce realizzazione, come quello lanciato da Coldiretti che prevedrebbe la realizzazione di piccoli bacini diffusi sul territorio, laghetti in equilibrio con l’ambiente circostante, che conservano l’acqua per distribuirla in modo
razionale ai cittadini, all’industria e all’agricoltura, e di favorire la realizzazione di piccoli bacini idrici (utilizzando anche il sedime di ex cave adatte allo scopo), in cui installare impianti fotovoltaici flottanti in modo da ottenere elettricità da fonte rinnovabile e ostacolare l’evaporazione dell’acqua.
(Luca Molinari)