Sanità e welfare

Rete Civica: più medici e infermieri ai Pronto soccorso

La richiesta è di intervenire anche alla luce dei problemi emersi con la pandemia da Coronavirus

Incrementare il numero di medici e infermieri nei Pronto soccorso e attivare, a livello territoriale, i percorsi diagnostici terapeutici (PDTA) che accompagnino i pazienti fino alla guarigione con il supporto dei medici di medicina generale.

A chiederlo, in un’interrogazione, è Rete Civica che ricorda come “il personale dipendente, medici e infermieri, è ormai da anni sotto stress e dall’inizio dell’emergenza Covid ha accumulato centinaia di ore di straordinario nei dipartimenti di emergenza-urgenza, con turni massacranti nella speranza che il momento passi, ma non è stato così, né sono arrivati gli aumenti salariali promessi. Ad oggi non è possibile che in Italia un medico guadagni in media 80mila euro lorde l’anno, mentre in Francia e Germania 120mila, in Gran Bretagna anche 130mila e in Olanda 200mila, considerato che si tratta di un riconoscimento dovuto ai colleghi di Pronto soccorso, costretti a turni massacranti e a lavorare in condizioni drammatiche a causa della carenza di medici”.

Da qui l’atto ispettivo per sapere dalla giunta “se e come intende attivarsi per evitare che molti medici e infermieri scappino dai Ps a causa della mole di lavoro con turni che, per intensità, non sono paragonabili a quelli di nessun’altra figura medica, anche dal punto di vista quantitativo, qualitativo e di complessità, con continui turni aggiuntivi e a volte senza garanzia dei riposi, e se non ritiene opportuno procedere, nell’ immediato, alla liquidazione di almeno la metà degli straordinari maturati, al fine di evitare che i medici e gli infermieri dei Ps lascino le strutture e incentivare invece chi ancora resiste per senso del dovere e responsabilità”.

Rete Civica vuole anche sapere “se l’esecutivo intende potenziare i servizi di emergenza-urgenza fornendo a tutti i Ps del territorio, in base al numero di accessi all’anno, il numero di addetti di base adeguato tra medici interni e di emergenza territoriale professionalmente preparati ad operare in un Ps, coadiuvati dal giusto numero di infermieri e se non ritenga opportuno attivare, così come promesso in più sedi, a livello territoriale i percorsi diagnostici terapeutici che accompagnino i pazienti fino alla guarigione con il supporto attivo dei medici di medicina generale, il tutto all’interno di una strategia territoriale integrata con gli ospedali”.

Si chiede, inoltre, se l’esecutivo regionale “intenda attivarsi affinché venga eliminato il numero chiuso ai corsi di laurea di medicina e chirurgia, a favore di una selezione che potrebbe essere fatta, come succede in altri Paesi europei, durante il primo anno di corso e non con una selezione per l’ingresso in Facoltà”.

(Luca Molinari)

 

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