Inclusione, equità, autonomia, adeguata gestione dei flussi migratori “emergenziali”, come nel caso dei profughi ucraini. Sono i principali obiettivi fissati nel “Programma 2022-2024 per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri in Emilia-Romagna” approvato dall’Assemblea legislativa. Due i focus principali del programma: integrazione socio-economica delle donne e attivazione di percorsi di partecipazione responsabile delle nuove generazioni, legato al tema del diritto allo studio.
Il programma triennale per l’integrazione è stato introdotto dalla Regione nel 2004, avendo riconosciuto come strutturale il fenomeno migratorio, e pone particolare attenzione a donne, adolescenti, minori non accompagnati, lotta alla tratta, allo sfruttamento e alle discriminazioni, salute, lavoro, scuola e formazione.
L’assessore alle Politiche sociali Igor Taruffi ha illustrato il progetto: “Il programma per l’inclusione ha alle spalle un percorso di partecipazione che ha coinvolto più assessorati e ha previsto focus sui territori e con gli enti locali. Lo presentiamo in assenza di un piano nazionale sul tema dell’inclusione che manca dal 2006. Per cui facciamo riferimento alle indicazioni più recenti tracciate dall’Europa. Gli elementi fondamentali sono l’inclusione socioeconomica, in particolare delle donne e delle giovani generazioni. In Emilia-Romagna risiedono cittadini di 175 paesi con una maggiore rappresentatività di rumeni, marocchini e albanesi. La ricchezza prodotta dagli stranieri in Emilia-Romagna è pari all’11,6% del valore aggiunto regionale: un elemento fondamentale da tenere presente quando discutiamo di questi temi. I flussi migratori sono strutturali e bisogna rispondere con politiche strutturali perché dovremo conviverci per anni. L’inclusione è anche dare opportunità, è una sfida delle società occidentali per garantire la sicurezza sociale. Dobbiamo pretendere che lo stato centrale faccia la propria parte”.
Valentina Stragliati (Lega) ha esordito affermando di “essere rammaricata dal mancato saluto dell’Assemblea da parte della ex vicepresidente Elly Schlein, la quale ha anche gestito il Piano per l’integrazione. Un piano più volte discusso, anche se l’ultimo programma di riferimento è relativo al periodo 2014-2016, poi più nulla. Una prorogatio di sei anni, contraria alla legge. Chiesi alla giunta, senza averli, alcuni dati sulla percentuale di stranieri detenuti in Emilia-Romagna, ma i numeri vennero poi dati in commissione Parità. Sul 12,8% di stranieri residenti in regione, il 48% è detenuto. Una percentuale significativa, segno che qualcosa non funziona”. Dopo aver ricordato diversi episodi di criminalità a Piacenza negli ultimi due mesi (violenze sessuali, tentati omicidi, risse e accoltellamenti) Stragliati ha detto che “non è razzismo, è la realtà dei fatti”. Sulla scuola, la consigliera leghista ha sottolineato di “non aver ancora sentito l’assessore Salomoni sull’avvio dell’anno scolastico e fra poco ci sono le vacanze di Natale … a Piacenza, ad esempio, è in deroga il 37% delle classi della primaria, con oltre il 30% di stranieri. Sui grandi numeri l’integrazione diventa difficile. L’immigrazione va controllata e gestita”.
Anche Valentina Castaldini (Forza Italia) ha rimarcato il “mancato saluto di Schlein. Il mio dispiacere nasce anche quando qualcuno non dice grazie”. La capogruppo azzurra ha detto che “da 40 anni la popolazione ha perso la capacità di rinnovarsi. Negli ultimi 10 anni gli stranieri sono cresciuti del 7%, del 18% fra studenti e del 48% fra i lavoratori. Sono numeri importanti, non si può far finta di nulla”. Castaldini ha criticato la giunta quando parla di “regione solidale, cha aiuta poveri e immigrati. Ecco i dati: i ragazzi stranieri dichiarano di aver meno amici, durante la pandemia le famiglie stranieri hanno visto calare del 32% la loro economia, la povertà assoluta è del 7,5% fra gli italiani e del 39% fra gli stranieri, le famiglie degli studenti stranieri hanno avuto più difficoltà a far seguire la Dad (Didattica a distanza). L’occupazione delle donne è del 15% inferiore a quella delle donne italiane. E calano anche i bambini stranieri, perché il tasso di fecondità delle straniere è sceso da 2,89 a 1,92 figli per donna”.
Marta Evangelisti (Fratelli d’Italia) ha chiesto di conoscere “quante sono le iscritte ai centri per l’impiego, di che nazionalità sono, quali difficoltà affrontano nel cercare impiego e quali nella conoscenza dell’italiano nel caso abbiano affrontato un colloquio nella nostra lingua. Mi chiedo perché non si iscrivono ai centri per l’impiego … sono sollecitazioni da approfondire”. Gli occupati stranieri sono intorno al 12%, “ma non si dice quante risorse sono destinate agli stranieri bisognosi”. Sui minori stranieri, Evangelisti ha detto che “solo una minima parte ha problemi di abitazione, mentre la maggior parte ha problemi socioeducativi e di conflittualità familiari. Non c’è approfondimento su questo”. Per la capogruppo di Fdi c’è poi il problema della lingua: “Non si sa qual è la conoscenza della lingua al momento dell’accesso a scuola. E sono pochi quelli che vanno nelle scuole dell’infanzia”. Sull’italiano, Evangelisti ha ricordato che nel “2016 e 2020 in regione sono stati avviati 514 corsi, con 5.500 stranieri che hanno preso un attestato di frequenza: un numero irrisorio”.
Per Daniele Marchetti (Lega): “Oltre ai ritardi sull’aggiornamento del Piano dobbiamo fare i conti con una realtà ben diversa da quella che ci viene raccontata. Il programma è dettato dalla legge regionale 5 del 2005 che prevede anche una clausola valutativa e parto proprio da qui. Ha fatto emergere uno sbilanciamento eccessivo degli aiuti alla popolazione straniera residente in Emilia-Romagna che rappresenta il 12,8% della popolazione totale: gli accessi ai servizi sociali sono il 34,2%, i minori in carico il 45%, le nuove assegnazioni di alloggi popolari il 38,2%, il fondo sociale per l’affitto vede il 49,1% di destinatari e i beneficiari di sostegno economico sono il 53,3%. Preso atto di questa situazione non credo si possa parlare di politiche virtuose per quanto riguarda l’integrazione. Servirebbe una rimodulazione delle somme che vengono stanziate. Non parliamo di politiche per l’integrazione, stiamo mettendo in atto dannose politiche assistenzialistiche con contributi a pioggia”.
Per Ottavia Soncini (Partito democratico): “Dalle culture diverse si impara qualcosa e si cresce nel rispetto delle regole e della legalità. Quella dei flussi migratori è una sfida globale. La politica si occupa di collettività, non di migliori e più fortunati. Questo programma cerca di uscire dall’emergenza e di individuare interventi mirati gestendo in maniera responsabile i bisogni delle persone. Dobbiamo far capire che le piccole e medie imprese, se andassero via gli stranieri, fallirebbero. I decreti Salvini hanno tagliato dei progetti che intervenivano sulla formazione e sull’apprendimento di un lavoro, un sistema che funzionava e dava la possibilità di integrarsi veramente. A parità di requisiti è chiaro che ci sono dei diritti a usufruire del welfare: non conta se uno è straniero o italiano. Non c’è alcun intento di discriminazione nei confronti degli italiani”.
Per Federico Alessandro Amico (ER Coraggiosa): “Il Programma coglie il tema dell’immigrazione in tutti i suoi aspetti, non solo nella componente emergenziale. Gli stranieri sono una fetta di popolazione rilevante che ha a che fare con problemi diffusi. Tenere insieme 175 culture differenti può essere complicato e questo si complica se l’accesso al nostro paese è difficile. Dalla Bossi-Fini in poi si tende più ad espellere che a includere e da qui va riconosciuta la difficoltà a procedere con meccanismi integrativi. A tutto ciò si aggiunge l’affossamento del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) e dei centri di accoglienza. Per fortuna il terzo settore in Emilia-Romagna, in collaborazione con le associazioni e gli enti locali, ha potuto attivare un’accoglienza diffusa secondo un principio di umanità e di rispetto delle persone. Gli stranieri, nel mondo del lavoro e nelle scuole, sono parte integrante dei nostri territori. Il governo, con il ministro Piantedosi, sta già mettendo ‘barriere’ sul fronte dell’immigrazione e per quelle che sono le competenze regionali dobbiamo continuare a mettere in campo buone pratiche”.
Francesca Marchetti (Partito democratico) ha citato un proverbio orientale: “I problemi sono in basso, le soluzioni in alto. Questo Piano parte dal basso e considera il coinvolgimento di attori istituzionali e non (Enti locali, scuola, imprese, terzo settore) che sono protagonisti di questa sfida. Si deve andare oltre l’emergenza e vedere cosa si può fare per dare risposte integrate”. La consigliera dem ha proposto che si parta “dalla scuola e dall’investimento sull’istruzione. L’educazione deve partire dal nido e rappresenta la prima questione per far accedere i bambini a scuola e facilitare l’apprendimento. Non vorrei più sentire distinzioni fra i bambini. Dietro a un cognome straniero, altro non ci sono che bimbi di genitori stranieri che dovrebbero poter frequentare un nido, un asilo o una scuola senza barriere linguistiche. La realtà multiculturale a scuola si rifletterà anche nel mondo del lavoro. Per noi riveste importanza come sostenere la partecipazione responsabile delle nuove generazioni in ambito scolastico, culturale e sportivo”.
(Lucia Paci e Gianfranco Salvatori)