COMUNICATO
Imprese lavoro e turismo

Recessi di lavoratrici madri e lavoratori padri nel 2021: in Emilia-Romagna 5.146 casi

Il dato è pari al 9,8 per cento su scala nazionale, in aumento rispetto al 2020 (4.174 casi). Consigliera Parità Alvisi: “Anche in Emilia-Romagna è amaro constatare come per una donna avere un figlio riduca sensibilmente le probabilità di continuare a lavorare e, per chi continua, le prospettive di carriera”

Nel 2021 in Emilia-Romagna sono state 5.146 le dimissioni dal lavoro e le risoluzioni consensuali di lavoratrici madri e lavoratori padri, il 9,8 per cento dei 52.436 casi a livello nazionale. Nel 2020 erano stati 4.174. Dunque, in regione, si registra un incremento che riflette quello nazionale. Questo il dato saliente del report annuale, riferito al 2021, sulla convalida delle dimissioni e risoluzioni consensuali di lavoratrici madri e lavoratori padri in Emilia-Romagna presentato in conferenza stampa da Sonia Alvisi, consigliera di Parità della Regione, e Aniello Pisanti, direttore dell’Ispettorato interregionale del lavoro del Nord-Est.

“Discriminazioni nel mondo del lavoro che impediscono, alle donne con figli, di rientrarvi alle stesse condizioni di prima; maternità che si traduce in disoccupazione forzata; permanenti difficoltà ad accedere ai servizi per l’infanzia, come nidi e baby sitting, spesso inesistenti o eccessivamente onerosi; inquadramenti lavorativi al di fuori di forme contrattuali che riconoscano l’indennità alla maternità; mancanza di sostegni a una genitorialità condivisa che costringono le donne a farsi carico in modo esclusivo della cura dei propri figli e, in molti casi, a rinunciare al posto di lavoro. Sono i questi i profili critici che emergono dal report”, rimarca la consigliera di parità Sonia Alvisi. “La nascita di un figlio – aggiunge – ha un impatto significativo e duraturo sulle scelte e le prospettive della madre, ma non su quelle del padre, aprendo un divario tra i percorsi lavorativi e i trend reddituali che non si colma nel tempo. Anche in Emilia-Romagna è amaro constatare come per una donna avere un figlio riduca sensibilmente le probabilità di continuare a lavorare e, per chi continua, le prospettive di carriera, al contrario di quanto avvenga per un uomo”.

Il direttore dell’Ispettorato interregionale del lavoro del Nord-Est, Aniello Pisanti, approfondisce il tema fornendo i dati relativi alla nostra regione. Nello specifico, dei 5.146 casi, 4.980 riguardano dimissioni volontarie (il 96,8 per cento del totale), di cui 3.282 di donne, 69 dimissioni per giusta causa (l’1,3 per cento del totale), di cui 50 di donne, e 97 risoluzioni consensuali (l’1,9 per cento del totale), di cui 40 di donne. Il numero complessivo delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali riguarda in misura predominante le lavoratrici madri, 3.372 casi (1.774 casi per i lavoratori padri).

La maggior parte di questi recessi riguarda lavoratrici e lavoratori di nazionalità italiana, 4.112 casi, il 79,9 per cento del totale. Si rileva, rispetto agli anni passati, una diminuzione dei recessi di persone extracomunitarie e di altri paesi dell’Unione europea, rispettivamente 761 e 273 (circa il 25 per cento di casi in meno, dati significativi di una mutazione del mercato del lavoro avvenuta nell’era Covid).

Se si sposta l’analisi alle fasce di età, si rileva che anche nel 2021 i provvedimenti riguardano in maggioranza persone nella fascia d’età che va dai 34 ai 44 anni (2.164 casi), il 42 per cento del totale, mentre il 35,2 per cento dei casi riguarda soggetti tra i 29 e i 33 anni. Poi, fra i più giovani, nella fascia d’età tra i 24 e i 28 anni, i recessi sono solo il 2,4 per cento del totale. Nell’ultimo biennio, però, si registra una tendenza all’aumento dei recessi per entrambi i generi nella fascia compresa tra i 3 e i 10 anni di servizio: 1.931 casi (1.571 nel 2020).

In regione, inoltre, il maggior numero dei recessi riguarda persone con un solo figlio o in attesa del primo (pari a 3.105 casi, il 60,34 per cento del totale), circa la metà per chi ha due figli (1.622 casi, il 31,5 per cento del totale), decisamente inferiore, ma in aumento rispetto all’anno precedente, la percentuale delle persone con più di due figli (419 casi, l’8 per cento del totale), del tutto marginali i casi durante la gravidanza. Per quanto riguarda l’età dei figli delle lavoratrici e dei lavoratori si osserva che, a differenza del passato, sono più numerosi i genitori dei bambini con età da 1 a 3 anni, 39,7 per cento del totale, rispetto a quelli con figli inferiori all’anno, 34,6 per cento del totale.

In merito alle qualifiche di inquadramento lavorativo, prevalgono i recessi nel profilo impiegatizio piuttosto che in quello operaio: sono 2.480 i recessi degli impiegati contro i 2.289 degli operai. L’indagine, inoltre, sottolinea una prevalenza di recessi delle femmine nell’ambito della qualifica impiegatizia, quasi quadrupla rispetto a quella degli uomini, al contrario di quanto si rileva per i recessi nel profilo di quadro, in cui è il personale maschile a essere il quadruplo di quello femminile.

La ricerca valorizza anche il dato sull’orario di lavoro: quasi l’80 per cento delle persone che chiedono il recesso lavorativo hanno un contratto full time, mentre il personale part time è quasi esclusivamente di genere femminile (996 donne contro 74 uomini). In numero inferiore rispetto al passato sono le richieste di passaggio all’orario part time o di flessibilità: solo 139 richieste (164 nel 2020), in prevalenza assoluta femminile. Positivo il sensibile aumento dell’accoglimento di queste richieste, che supera il 40 per cento, la percentuale più alta registrata negli ultimi anni.

Il settore maggiormente interessato dalle convalide risulta il terziario, tradizionalmente caratterizzato dalla prevalente occupazione femminile, seguito dall’industria; più basse sono le percentuali di recessi nel settore dell’edilizia e dell’agricoltura. Le aziende più interessate risultano essere quelle di grandi dimensioni.

Fra le ragioni alla base delle cessazioni dei rapporti di lavoro si registra fra gli uomini il passaggio ad altra azienda (il 75 per cento dei casi), mentre fra le donne la difficoltà a conciliare il lavoro con la cura dei figli per ragioni legate alla mancanza di servizi di cura (il 35 per cento), cui si lega l’assenza di parenti di supporto (il 26 per cento); contenuto, ma comunque presente, il numero di recessi dovuti alla mancata concessione dell’orario di lavoro part time (72 casi).

“L’idea che la cura dei figli, così come dei genitori anziani, sia principalmente in capo alle donne è un retaggio culturale ancora particolarmente radicato nel nostro contesto socioculturale”, rimarca la presidente dell’Assemblea legislativa, Emma Petitti. “L’auspicio che ci possa essere una sostanziale inversione di rotta – aggiunge – ha bisogno di interventi forti: dal cambiamento di mentalità interno alle famiglie, al miglioramento di tutta quella rete di servizi per l’infanzia, per la disabilità e per gli anziani, attraverso la quale le donne possano davvero accedere alle pari opportunità”.  La presidente entra poi nello specifico: “Il cambio di prospettiva si dovrebbe manifestare sotto ogni punto di vista, partendo dall’eliminazione del gender pay gap che rappresenta una delle principali forme di discriminazione e di mancata valorizzazione del lavoro femminile. Se lo stipendio della donna è inferiore a quello dell’uomo, come del resto il ruolo, il lavoro ‘sacrificabile’ sarà sempre quello della madre rispetto a quello del padre, con la conseguente futura difficoltà di reintegro nel mondo del lavoro e una pensione che sarà coperta solo parzialmente”. La strada da fare, conclude Emma Petitti, “è ancora tanta e le Istituzioni hanno il dovere di promuovere i cambiamenti strutturali necessari a conseguire una reale uguaglianza di genere ed emancipazione femminile. Sotto questo aspetto l’Assemblea legislativa è da sempre in prima linea”.

Per il presidente della commissione assembleare di Parità, Federico Amico, “questi dati confermano una prevalenza di dimissioni femminili, in particolare nei primi tre anni di vita del bambino”. “Stiamo facendo sforzi – aggiunge – come Regione Emilia-Romagna, anche a livello di bilancio, sul tema dei servizi, per consentire alle donne di continuare la propria carriera lavorativa, e anche nel richiedere al governo nazionale di lavorare per un congedo paritario tra i due genitori”.

Presenti alla conferenza anche le consigliere regionali Roberta Mori e Francesca Maletti.

Il Report può essere consultato e scaricato al seguente link:

https://cronacabianca.eu/wp-content/uploads/2022/12/RELAZIONE-CONVALIDE-DIMISSIONI-EMILIA-ROMAGNA-2021.pdf

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