Riattivare gli ambulatori per l’agopuntura all’ospedale Bellaria di Bologna e “intervenire in Conferenza Stato-Regioni per sollecitare l’avvio di un percorso che valuti l’inserimento dell’agopuntura nei livelli essenziali di assistenza garantiti dal Servizio sanitario nazionale”.
Sono le richieste di una risoluzione presentata da Silvia Zamboni, capogruppo di Europa Verde. La consigliera, oltre che al Bellaria, chiede la riapertura degli ambulatori per l’agopuntura anche “nelle altre strutture della regione dove già venivano forniti, prendendo in considerazione la proposta e la disponibilità della dottoressa Grazia Lesi” direttore dell’ambulatorio di medicina integrata del Bellaria. Diverse esperienze, scrive Zamboni, “dimostrano che per i trattamenti integrati in oncologia, l’applicazione di protocolli di agopuntura è particolarmente efficace”. E uno studio dell’Osservatorio delle Medicine Non Convenzionali dell’Emilia-Romagna e coordinato dall’Ausl di Bologna, che ha coinvolto 190 donne, “ha dimostrato l’efficacia dell’agopuntura nel ridurre in modo significativo gli effetti avversi da terapie oncologiche” e quindi migliorando la qualità di vita delle donne affette da tumore al seno e in generale da tumori ginecologici. In seguito, è stato promosso e finanziato il progetto di fattibilità Med.IO.RER, Medicina integrata in Oncologia nella Regione Emilia-Romagna che doveva “verificare la fattibilità in ambito pubblico di servizi di agopuntura al fine di migliorare la qualità della vita nelle donne con tumore al seno, riducendo gli effetti collaterali delle terapie oncologiche”. Il progetto, però, non ha avuto seguito nonostante il successo ottenuto. L’ambulatorio del Bellaria è chiuso dall’ottobre 2021. Dopo il pensionamento del medico, che aveva proposto un servizio dedicato, nel settembre del 2022 si è registrata la protesta di 90 pazienti donne “che non possono più accedere alle sedute di agopuntura presso l’ospedale Bellaria. Nel 2021 si è aggiunta la chiusura anche dell’analogo ambulatorio all’ospedale di Bazzano (Valsamoggia). Da allora, nonostante la raccolta di quasi 2mila firme consegnate all’AUSL di Bologna con la richiesta di far ripartire l’attività, le pazienti attendono ancora la ripresa del servizio”.
Zamboni ricorda che l’assessore alla Sanità aveva dichiarato che i risultati erano incoraggianti, ma al momento “tali prestazioni non rientrano nei livelli essenziali di assistenza garantiti e quindi bisogna proseguire nel lavoro fatto. In questo senso la Regione sta dialogando con le aziende coinvolte per creare una modalità che consenta la ripresa e la prosecuzione delle prestazioni”. Bisognerebbe, infine, agire come la Regione Toscana che ha “riconosciuto omeopatia, agopuntura e fitoterapia come parte del Servizio sanitario regionale”.
(Gianfranco Salvatori)