Apprezzamento da parte della maggioranza, insieme a Lega e M5s, qualche dubbio da parte di Fdi e Rete civica, sono emersi in Aula nel dibattito sulla delibera dei criteri localizzativi per garantire la massima diffusione degli impianti fotovoltaici e per tutelare i suoli agricoli e il valore paesaggistico e ambientale del territorio.
Il consigliere Stefano Caliandro (Partito democratico) ha esordito dicendo che “la discussione non finisce oggi. I criteri stabiliti dalla Ue, all’interno della Transizione energetica, si muovono su un versante che l’Italia attende da tempo. Qui non si discute solo di localizzazione, ma anche di centrali energetiche. Le centrali diventano lo strumento di base per la transizione. Occorre che la messa a terra della discussione avviata con il territorio, le categorie economiche e gli Enti locali non si riduca ai pannelli, ma diventi un modello industriale di sviluppo”.
Federico Amico (Emilia-Romagna Coraggiosa) ha sottolineato “il rischio che il conflitto si sposti sul consumo di suolo, ancorché per produrre energia da fonti rinnovabili, dopo quello sulle fonti fossili. Siamo in mezzo a una trasformazione climatica ed energetica. Serve un quadro certo, noi ci proviamo, ma mancano indicazioni nazionali. Vogliamo rendere il fotovoltaico agevole e certo in Emilia-Romagna. L’abitudine alla produzione di energia sostenibile e al loro impiego è pedagogica per i consumatori, abituati ad avere risorse tradizionali illimitate, soprattutto quando queste ultime diventano scarse e costose. L’obiettivo è favorire l’impiego di nuove tecnologie su terreni già urbanizzati, su cave dismesse, specchi d’acqua, fino all’agrivoltaico avanzato, ma senza arrivare ad usare interi terreni agricoli per la produzione di energia”.
Secondo Silvia Piccinini (Movimento 5 stelle) “la delibera è un tentativo di sopperire a mancanze nazionali. Mancano da un anno i criteri per le aree idonee previsti dal decreto del 2021. L’obiettivo è di installare 85 gigawatt entro il 2030, mancano meno di sette anni. L’agrivoltaico – che tiene insieme produzione agricola ed energetica – non può essere messo sullo stesso piano del fotovoltaico a terra. Un obiettivo è quello di rendere questa terra più resiliente. Ad esempio, sulle Cer (Comunità energetiche regionali) mancano i decreti attuativi”.
Marco Mastacchi (Rete Civica) ha affermato che “la tutela di produzioni agricole certificate, per cui si ammettono impianti fotovoltaici, bio e integrate, Igp e produzioni con disciplinari, penso che andrebbe estesa anche alle Dop. Se si contrappone il comparto agricolo a quello industriale vince il secondo. E pensando al 10% di fotovoltaico a terra si spiega anche l’accaparramento da parte del mercato immobiliare che registra già aree acquistate a prezzi fuori mercato, passando da 32mila euro l’ettaro a 45mila”. Gli impianti a terra, ha continuato il consigliere “vanno concessi solo dopo aver esaurito le superfici sui tetti. Bisogna valutare di dirottare il fotovoltaico nelle aree sopra la via Emilia, la collina e verso la montagna. In montagna è consentito il fotovoltaico fino all’1% della superficie, ritengo che in in pianura bisognerebbe ridurre la soglia a 0,5-0,8%. Se, invece, si tratta di agrivoltaico, non mettere limiti. Installare più impianti possibile, ma tutelare anche il suolo agricolo”.
Marcella Zappaterra (Pd) ha sostenuto che “nel testo della delibera, gran parte delle sensibilità saranno rappresentate e i territori potranno riconoscersi. Vogliamo coniugare gli obiettivi ambiziosi della sostenibilità con la tutela dei territori, dell’agricoltura, dei paesaggi. Il lavoro svolto è importante perché valorizza le esigenze energetiche e quelle del mondo agricolo. La mancanza dei decreti attuativi è un limite a queste politiche e mette in difficoltà Enti locali e imprese”.
Marta Evangelisti (Fratelli d’Italia) ha ribadito che “al di là delle diverse sensibilità, e anche delle ideologie, sull’energia la nostra posizione è chiara: gas a supporto della produzione e fotovoltaico. La pianificazione deve essere il dogma degli amministratori. Condivido l’uso di edifici di montagna. Programmazione e no agli approcci ideologici è la caratteristica del governo nazionale. A chi ha ancora approcci ideologici, dico che non si possono pretendere decreti attuativi da un governo in carica da pochi mesi”.
(Gianfranco Salvatori)