Chiarire le norme regionali sui cacciatori bioregolatori che vengono applicate in Emilia-Romagna.
A chiederlo è Marta Evangelisti (Fdi) che con un atto ispettivo avanza possibili differenze tra la normativa nazionale e l’applicazione fatta in Regione.
L’attenzione della capogruppo si concentra in particolare sui cacciatori bioregolatori, figure “abilitate al prelievo venatorio con specifica formazione in materia di biosicurezza” come sancito dall’ordinanza del 2023 del Ministero della Salute nell’ambito delle misure di controllo ed eradicazione della peste suina africana e del piano straordinario di catture a livello nazionale e regionale.
“Per assumere tale ruolo -continua Evangelisti- è quindi necessaria la frequenza di appositi corsi conformi a programmi predisposti da Ispra, nonché l’iscrizione nell’apposito elenco nazionale dei bioregolatori da cui possono attingere le autorità competenti locali per le attività di contenimento della specie cinghiale sull’intero territorio nazionale”.
A fronte di alcune segnalazioni raccolte, alla consigliera risulta la possibilità di procedere all’iscrizione da parte dei cacciatori interessati “anche in assenza di corso dedicato e di come, da parte della Regione, la scelta dell’associazione venatoria che può assumere la funzione di bioregolatrice, sia caduta su Federcaccia”.
In ragione della situazione descritta, Evangelisti chiede quindi conto all’esecutivo regionale la fondatezza delle denunce raccolte e “quali siano i criteri che hanno determinato la scelta di Federcaccia per le finalità in argomento e se siano state interpellate anche le altre associazioni venatorie”.
Ulteriori quesiti dell’atto ispettivo riguardano la possibilità d’iscrizione nell’elenco dei bioregolatori anche per cacciatori non associati a Federcaccia e “se esista la possibilità che, negli elenchi dei bioregolatori, risultino soggetti sprovvisti dei necessari requisiti, ovvero che non abbiano frequentato appositi corsi conformi a programmi predisposti da Ispra”.
(Luca Boccaletti)