Parità, diritti e partecipazione

Laboratorio gastronomico e azienda agricola: il volontariato entra nel carcere di Modena

La visita nel carcere modenese è avvenuta nell’ambito degli incontri organizzati dal Garante regionale dei detenuti

Produzione frutta e verdura

Il ruolo e il valore del volontariato carcerario è stato al centro della visita alla casa circondariale Sant’Anna di Modena organizzato dal Garante dei detenuti dell’Emilia-Romagna. All’iniziativa hanno partecipato una settantina di esponenti delle associazioni di volontariato che operano nelle carceri dell’Emilia-Romagna.

La visita della rappresentanza di volontari alla struttura penitenziaria è partita dal laboratorio gastronomico, da poco inaugurato grazie al progetto della cooperativa Eortè – un progetto analogo è attivo nel carcere di Castelfranco Emilia. L’attività nel laboratorio, cha al momento impegna quattro detenuti, punta a offrire un’opportunità di crescita personale, con l’obiettivo di garantire al detenuto, scontata la pena, gli strumenti utili al reintegro sociale. La direttrice di Eortè, Valentina Pepe, che ha fatto da guida nel laboratorio, ha ricordato come la produzione di prodotti da forno, compresa la pasta fresca, sia già destinata a numerosi clienti, fra i quali alcuni ristoranti.

Quello del laboratorio gastronomico è uno dei tanti progetti proposti nel carcere modenese che puntano al reinserimento sociale dei detenuti. In questo modo i detenuti possono acquisire un’autonomia economica e possono essere in grado di contribuire, anche durante la detenzione, alle spese familiari. “Per portare avanti questi progetti in un ambiente come il carcere, in cui tutto è più complicato, diventa fondamentale il lavoro dei tanti volontari che gestiscono i rapporti con la comunità modenese. Fondamentale è il rapporto con le associazioni, e quindi con l’esterno, e ci adoperiamo per fare conoscere quello che si fa in carcere al fine di aprire il carcere al territorio. Il carcere ha anche una funzione preventiva e l’aspetto rieducativo diventa centrale, a partire dal lavoro, per sconfiggere le recidive”, ha evidenziato il direttore della casa circondariale Orazio Sorrentini.

Il carcere di Modena è fra più importanti della regione, con un numero detenuti inferiore solo a Bologna e Parma. La struttura ospita 550 detenuti (la capienza regolamentare è di 372 posti), di questi 30 sono donne, mentre 334 sono stranieri (dati aggiornati al 30 aprile 2024). Nel marzo 2020, nove detenuti persero la vita nel corso di una rivolta all’interno del carcere. Anche per questo negli ultimi anni sono state ampliate le misure di sicurezza con lavori di ristrutturazione agli edifici. “Per le attività all’interno del carcere è importante la sicurezza. Per questo negli ultimi anni abbiamo introdotto anche diverse modifiche all’impianto organizzativo della struttura” ha spiegato il comandante della polizia penitenziaria Mauro Pellegrino.

Al Sant’Anna, al contrario di altre realtà carcerarie, vi è particolare attenzione per le donne, che spesso da detenute devono scontare anche il fatto di non potere accedere ai percorsi formativi e lavorativi. A Modena, invece, sono svariate le progettualità al femminile, a partire dal progetto dell’associazione Manitese. “Si producono – ha spiegato Gaia Barbieri, referente di Manitese – borse di stoffa, vendute poi con il marchio, ormai famoso in tutta la regione e non solo, ‘Manigolde circondariale’”. Attivo anche un laboratorio di acconciatura. A breve, poi, alcune detenute verranno coinvolte nelle lavorazioni agricole, in un progetto di florovivaismo. La lavorazione agricola, infatti, è centrale all’interno della struttura carceraria modenese, tanto da estendersi su 18mila metri quadrati di terreno, dove vengono coltivate frutta e verdura in gran parte con metodi biologici. Produzione che in buona parte viene venduta all’esterno in diversi “mercatini della terra”.

All’interno del Sant’Anna è attivo anche un teatro. Gli spettacoli, che vedono il coinvolgimento di detenute, vengono portati anche all’esterno. Si tratta del progetto della compagnia Teatro dei Venti. Lo spettacolo al femminile “Io sono Cassandra” ha riscosso un notevole successo. “Il teatro diventa un ponte tra il carcere e la città”, hanno spiegato Salvatore Sofia e Caterina Gambetta referenti del progetto. Si sta lavorando per esportare questo progetto in altre carceri, e anche all’estero.

Nel carcere c’è infine un laboratorio di assemblaggio di materiale plastico, progetto della cooperativa Coopattiva, che coinvolge sei detenuti. Recentemente è stata sottoscritta una convenzione con un gestore di call center, progetto che dovrebbe partire a breve.

L’incontro nell’istituto di pena di Modena segue quelli organizzati dal garante regionale dei detenuti nelle carceri di Castelfranco Emilia, Forlì, Ravenna e Piacenza, tappe di un percorso iniziato nel 2023 che toccherà tutte le strutture di detenzione della regione. Si tratta di un progetto pensato dal garante per far conoscere all’associazionismo penitenziario di tutta la regione le buone prassi all’interno delle singole carceri e consolidare il confronto fra i tanti volontari attivi in questo tipo di strutture. Al termine degli incontri sarà redatto un vademecum sulle tante progettualità virtuose in Emilia-Romagna.

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(Cristian Casali)

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