Una mole di dati per individuare le caratteristiche e le criticità del ‘Profilo di salute’ della popolazione dell’Emilia-Romagna e per decidere, di conseguenza, le priorità di intervento da introdurre nel Piano regionale della prevenzione (PRP) e gli ambiti su cui è necessario intervenire nei prossimi anni.
Oggi, in commissione Politiche per la salute e politiche sociali, presieduta da Paolo Zoffoli (Pd), i tecnici dell’assessorato alla sanità hanno illustrato la consistente quantità di materiale su cui si è lavorato per mettere a punto il Piano regionale della prevenzione, da adottare entro il 31 maggio 2015, che deve condividere “la visione, i principi, le priorità e la struttura” del Piano nazionale della prevenzione 2014-2018, nato dall’intesa del 13 novembre 2014 fra Stato, Regioni e Provincie autonome.
Il Piano regionale dovrà quindi declinare, negli specifici contesti regionali e locali, il Piano nazionale che “è organizzato in 10 macro obiettivi che delineano 79 obiettivi centrali e 139 indicatori. La Regione Emilia-Romagna ha focalizzato la progettazione nei 4 setting su cui agire: l’ambiente di lavoro, l’ambiente sanitario, la scuola e la comunità, quest’ultima declinata secondo tre direttrici: programmi di popolazione, interventi età-specifici e interventi per condizione”. Altro nodo importante quello della richiesta rivolta alle Regioni di agire, in particolare, nell’ottica di contrastare e superare le disuguaglianze.
Sono, inoltre, stati attivati “gruppi di lavoro trasversali con l’obiettivo di presidiare l’integrazione per setting dei singoli progetti, mentre gruppi di lavoro più specifici saranno responsabili dell’implementazione dei singoli progetti e del raggiungimento dei macro-obiettivi del Piano nazionale della prevenzione”.
“A supporto delle fasi di progettazione, implementazione e successiva verifica dell’attuazione del Piano regionale della Prevenzione è previsto un gruppo di coordinamento e monitoraggio rappresentativo dei diversi settori coinvolti in una logica di forte integrazione. A livello locale le Aziende Usl assicurano un’analoga organizzazione con l’individuazione di un referente aziendale e di un gruppo di coordinamento integrato tra le diverse strutture organizzative aziendali, interfaccia con il livello regionale, in grado di presidiare lo sviluppo di collaborazioni e intese con gli enti locali e con le diverse forme organizzate del privato sociale”.
Il percorso di costruzione del Piano 2014-2018, come detto, ha previsto “in via preliminare la predisposizione di un aggiornato ‘Profilo di salute regionale’” per “valutare i risultati raggiunti con i precedenti Piani della prevenzione, delineare la base conoscitiva dei bisogni di salute della popolazione e i problemi prioritari su cui intervenire”.
Si tratta di “obiettivi sfidanti”- ha detto tra l’altro Bedeschi- che si potranno raggiungere solo “se sapremo costruire una rete con tutti gli attori coinvolti fuori e dentro l’ambito sanitario” puntando sull’intersettorialità, quindi su uno stretto collegamento fra le varie politiche, dai trasporti, all’ambiente, dalla scuola, allo sport, e le loro ricadute su stili di vita e salute delle persone.
Il ‘Profilo di salute regionale’ è disponibile al link http://salute.regione.emilia-romagna.it/prp/profilo-di-salute“.
IL DIBATTITO: LA PREVENZIONE NON È SOLO SANITÀ MA FRUTTO DI POLITICHE DI SETTORE CHE INTERAGISCONO
Pur a fronte di un lavoro “ampio e ben fatto”, Giuseppe Paruolo (Pd) esprime “qualche dubbio su una prevenzione che passa attraverso un approccio gerarchizzato”. Serve, a suo avviso, “un coinvolgimento maggiore di quei soggetti che fanno parte di quel mondo ampio che si occupa di prevenzione, mentre è da evitare un approccio prevalentemente sanitarizzato della prevenzione”, che si deve al contrario confrontare “con la globalità delle politiche che ricadono su territorio e persone, dando spazio anche a idee innovative, per esempio la messa a punto di screening mirati su cui si potrebbero realizzare, tra l’altro, grandi risparmi in sanità”.
Perplessità di Raffaella Sensoli (M5s) “sull’assenza nel Piano regionale del tema della prevenzione nelle carceri, fondamentale sia per la sicurezza del personale che dei detenuti, e sulla scarsa attenzione per la diagnosi precoce dell’autismo”. A parere di Sensoli, inoltre, “è indispensabile un approccio multidisciplinare alla prevenzione, nel senso che gli screening vanno bene, ma solo se incrociati con adeguate politiche nei settori collegati”. Esemplificative, per la consigliera, “le politiche ambientali e la realizzazione di inceneritori per lo smaltimento rifiuti da incrociare con l’insorgenza di tumori”.
Sul tema dell’elettrosmog interviene Daniele Marchetti (Ln): c’è un “po’ di confusione- sottolinea- sulle conseguenze per la salute dall’esposizione ai campi magnetici”. Bisogna “essere più chiari, evitando pareri anche contraddittori sul tema che possono ingenerare paure ingiustificate: con i forse si crea allarmismo, c’è quindi da lavorare molto su questo versante anche con i territori”.
“È chiaro che siamo davanti a un cambio di paradigma sull’attività di prevenzione”. Lo afferma Giuseppe Boschini (Pd), per il quale “i nostri modelli di servizi non saranno più sostenibili, in futuro, con l’aumento della popolazione anziana, se non sarà posta grande attenzione alla prevenzione, non come elemento aggiuntivo nelle strategie sanitarie, ma come punto centrale della politica”. Anche a parere di Boschini, “non è solo la sanità che fa prevenzione, che deve essere, al contrario, al centro di politiche integrate da pensare e da progettare”.
Luciana Serri (Pd) rileva il percorso positivo fatto dalla Regione in tema di prevenzione nel corso degli anni e osserva che “sul fronte del comportamento delle persone e dei loro stili di vita agisce una forte componente culturale, per cui acquista una particolare rilevanza il lavoro nelle scuole, fin dai primi anni, e il coinvolgimento delle comunità”. Anche a parere di Serri, “è evidente l’importanza di politiche integrate, anche a livello locale, da collegare con la salute”.
Gian Luca Sassi (M5s) solleva qualche perplessità su alcuni dati, “per esempio quelli relativi ai decessi sul lavoro”, per cui l’Emilia-Romagna sarebbe ai primi posti della classifica stilata da un Osservatorio indipendente di Bologna”, ma anche su quelli “dell’incidenza di alcuni tumori o della ludopatia”. Tornando sul tema dei pericoli da campi elettromagnetici, Sassi invoca il principio di cautela, “in particolare per i giovani, finché non ci siano dati certi in negativo o in positivo”, e, per quel che riguarda l’ambiente, il consigliere mette in relazione “l’attinenza fra ambiente, cibo e salute, di qui la necessità che le politiche di prevenzione siano progettate trasversalmente tra i vari assessorati, ma che puntino anche sulla cultura e sull’educazione”.
Roberta Mori (Pd), citando la legge 6/2014, la legge quadro per la Parità e contro le discriminazioni di genere, ha sollecitato “un focus più ragionato e mirato, secondo i dettami legislativi, sulla prevenzione di genere”.
Prevenire significa “anche contenere le spese per le cure”, afferma Ottavia Soncini (Pd), per la quale il tema della prevenzione deve rientrare in tutte le politiche che interagiscono tra loro. Altra sollecitazione di Soncini quella di puntare “su cultura e educazione per sensibilizzare soprattutto i giovani su corretti stili di vita e sui danni, in particolare, dall’uso di tutti i tipi di droghe”.
Marcella Zappaterra (Pd) auspica che l’impegno sulla prevenzione “sia pari a quello di cura, con l’obiettivo di arrivare a un lavoro trasversale interassessorile perché fino a quando la prevenzione rimane confinata nell’ambito delle politiche per la salute sarà difficile operare quel salto di qualità che deve invece caratterizzare ogni politica frutto di un lavoro trasversale”.
Paolo Zoffoli (Pd), infine, rivendica “il ruolo di programmazione, di determinazione di indirizzi e propositivo da riservare alla commissione sui temi della prevenzione”, parla di progetti “bellissimi” che, “tuttavia, necessitano di risorse per essere realizzati: devono quindi essere chiariti i mezzi che saranno messi a disposizione del Piano”. Servono poi “più approfondimenti sui dati per mettere la politica nelle condizioni di poter decidere”.
(ac)