Parità, diritti e partecipazione

Montevecchi (Gruppo Indipendente): la Regione chiarisca l’adesione a Re.A.Dy

Secondo Montevecchi, “la Regione non dovrebbe continuare a far parte di una rete ideologica, poiché la lotta ad ogni tipo di discriminazione è già nel dna di ogni società democratica”.

Sapere se la Regione Emilia-Romagna intenda recedere dalla rete RE.A.DY alla quale aveva aderito con una delibera di giunta nel 2014.

È la richiesta contenuta in una interrogazione rivolta alla Giunta firmata da Matteo Montevecchi (Gruppo Indipendente). 

Nell’atto ispettivo il consigliere ripercorre la storia della Rete nazionale delle pubbliche amministrazioni antidiscriminazioni per orientamento sessuale e identità di genere (Re.A.Dy), “che nasce a Torino il 15 giugno 2006 nell’ambito del Pride nazionale, quando la Città di Torino, in collaborazione con il Comune di Roma, riunisce rappresentanti istituzionali di dodici pubbliche amministrazioni con l’obiettivo di metterli in rete attraverso la condivisione di una carta di intenti. Secondo i promotori, tale rete offrirebbe uno spazio di condivisione e interscambio di buone prassi finalizzate alla tutela dei diritti umani delle persone LGBT e alla promozione di una cultura sociale del rispetto e della valorizzazione delle differenze”.

Montevecchi rileva tuttavia che “l’adesione alla rete, pur non prevedendo quota associativa, comporta costi diretti e indiretti per la Regione, in considerazione dell’impegno del personale, del sostegno e della partecipazione alle iniziative della rete”.

In più, “fra le altre attività è prevista l’attivazione di strette collaborazioni con associazioni della galassia LGBTQ+ e la conseguente partecipazionanche all’organizzazione di eventi e progetti ideologici non condivisibili, in particolare nell’ambito educativo e scolastico, in cui a minori sono stati spesso proposti progetti di indottrinamento gender assolutamente non rispettosi della libertà e dell’autonomia di scelta dei genitori”, evidenzia il proponente.

Secondo Matteo Montevecchi, dunque, “la Regione non dovrebbe continuare a far parte di una rete ideologica, poiché la lotta a ogni tipo di discriminazione è nel dna di ogni società democratica. Risulta perciò pleonastica e settoriale l’adesione a una rete i cui contenuti sono in realtà prettamente politici e faziosi”.

(Brigida Miranda)

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