Il Dipartimento di amministrazione penitenziaria del ministero della Giustizia “condivide la necessità di un intervento” sull’istituto di Castelfranco Emilia, la casa-lavoro in provincia di Modena, e pertanto “investirà le competenti articolazioni dipartimentali e territoriali affinché la problematica segnalata venga affrontata costruttivamente in sinergia con la comunità locale”.
A renderlo noto è la Garante regionale delle persone private della libertà personale, Desi Bruno, che riprende una lettera inviatale da Santi Consolo, capo del Dap, in risposta agli atti del convengo “Poveri o pericolosi? La crisi delle misure di sicurezza personali detentive per autori di reato imputabili e pericolosi”, che la figura di garanzia dell’Assemblea legislativa si era preoccupata di far conoscere a tutti i portatori di interesse della vicenda in modo che “la questione della Casa Lavoro di Castelfranco trovi finalmente la giusta attenzione nelle sedi competenti”.
“Sono molto soddisfatta per l’interessamento del Dap nella persona del suo capo, spero sia l’inizio di un nuovo e decisivo percorso- spiega Bruno- e auspico anche che venga avviata quanto prima la riforma della normativa in tema di misure di sicurezza detentive per imputabili, anche in ragione delle modifiche apportate in tema di misure di sicurezza per non imputabili”.
La Garante, inviando gli atti del convegno, aveva scelto di segnalare “la anomalia della situazione dell’istituto di Castelfranco Emilia”, sollecitando un intervento. Infatti, aveva rimarcato Bruno, “anche se la struttura presenta notevoli potenzialità, a Castelfranco Emilia manca il lavoro, ovvero il presupposto stesso di esistenza dell’Istituto, nonostante il ricco patrimonio agrario e laboratoriale a disposizione che è da anni del tutto inutilizzato, e che sta nel tempo deteriorandosi. Ci sono due officine che non hanno attività in essere e un’area pedagogica provvista di sale riunioni, aule didattiche, in cui nulla si fa”.
Secondo Bruno sarebbe poi opportuno “verificare la possibilità di attuare forme di riorganizzazione tese alla territorializzazione delle misure di sicurezza, consentendo il rientro o l’avvicinamento, ove possibile, degli internati ai luoghi di residenza o comunque di frequentazione abituale, e agevolando così la presa in carico da parte dei servizi territoriali”: infatti, concludeva Bruno nel suo appello, “è evidente anche il disagio degli enti locali, Castelfranco Emilia e Modena, e dei relativi servizi che si devono occupare degli internati”.
(jf)