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LAVORO. SAN MARINO, RISOLUZIONE PD PER AFFRONTARE E RISOLVERE I PROBLEMI DEI TRANSFRONTALIERI

Nel documento, prima firmataria Nadia Rossi, si rileva come, a causa della crisi, siano passati da 6.605 a 5.393 e si sottolinea il fatto che le normative sammarinesi prevedono la salvaguardia delle sole maestranze residenti in territorio; aperte anche questioni fiscali, di cassa integrazione e relative ai lavoratori con figli invalidi

Una dozzina di consiglieri del Pd, prima firmataria Nadia Rossi, ha depositato una risoluzione che muove dalla prolungata crisi economica che investe anche il territorio della Repubblica di San Marino (Rsm), e si scarica in particolare sui lavoratori transfrontalieri, passati da 6.605 a 5.393, principali vittime della riduzione dei posti di lavoro.

Ciò sarebbe dovuto a due fattori: nel caso di crisi aziendali, le normative sammarinesi prevedono la salvaguardia delle maestranze residenti in territorio; inoltre, i lavoratori frontalieri hanno una tipologia di assunzione che non prevede alcun tipo di stabilizzazione, rendendone più facile l’espulsione.

La risoluzione Pd invita la Giunta a porre in sede statale una serie di questioni, fornendo ogni supporto utile al fine di giungere agli accordi fra i due Stati necessari a risolvere le problematiche oggetto di questo documento, rese ancor più critiche dalla scadenza di un Accordo, fra Italia e San Marino, avvenuta nel 2011.

In particolare, si fa riferimento al trattamento riservato alle maestranze espulse dal mondo del lavoro, stabilizzate prima del 2011, che hanno diritto al riconoscimento dello stato di mobilità (70% della retribuzione per 12 mesi) e alla ricollocazione; terminato il periodo di mobilità, tuttavia, le diverse normative dei due Stati rispetto alla disoccupazione creano una nuova disparità.

Quanto ai lavoratori transfrontalieri non stabilizzati, che sono la maggior parte, hanno diritto a tre mesi all’82% di C.I.G. e, successivamente all’indennità economica di disoccupazione presso la Repubblica Italiana, “ma avranno scarsissime possibilità di essere ricollocati presso le imprese del territorio sammarinese”: molti di questi lavoratori, infatti, perdono il posto di lavoro “non a causa di riduzioni collettive di personale, ma a fronte del non rinnovo del proprio permesso di lavoro, non potendo dunque beneficiare degli ammortizzatori citati”.

Rossi e gli altri consiglieri Pd ricordano come le norme Ue vietino “qualsiasi tipo di diversificazione nel riconoscimento dei diritti sulla base della residenza anagrafica”, e che dal 2010 il lavoratore frontaliero in stato di disoccupazione abbia la facoltà di mettersi a disposizione anche degli uffici del lavoro del Paese di ultima occupazione, oltre che a quelli del Paese di residenza, mentre a San Marino, ad esclusione dei lavoratori frontalieri stabilizzati che siano stati collocati in mobilità a fronte di licenziamenti collettivi, per potersi iscrivere alle liste di avviamento al lavoro “è necessario essere anagraficamente residenti”.

Ulteriori questioni andrebbero affrontate e risolte attraverso un accordo fra i due Stati: per esempio, il riconoscimento da parte della Rsm degli istituti previsti per il lavoratore che abbia un figlio invalido; ancora, va chiarita la problematica fiscale, modificando le norme affinché il lavoratore frontaliero non debba subire la tassazione sui propri redditi da lavoro dipendente secondo regole che sono state calibrate per i lavoratori autonomi.

(Tutti gli atti consiliari – dalle interrogazioni alle risoluzioni, ai progetti di legge – sono disponibili on line sul sito dell’Assemblea legislativa al link: http://www.assemblea.emr.it/attivita-legislativa)

(rg)

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