La giunta valuti un potenziamento dell’assistenza territoriale attraverso investimenti e piani di assunzione specifici per gli infermieri di famiglia e di comunità, valutando anche di destinare fondi per la formazione di queste figure.
È la richiesta che arriva dalla consigliera del Partito democratico, Maria Laura Arduini, con una interrogazione alla giunta sottoscritta anche dai colleghi di partito Paolo Calvano, Andrea Costa, Elena Carletti, Gian Carlo Muzzarelli, Fabrizio Castellari, Anna Fornili, Ludovica Carla Ferrari, Niccolò Bosi, Luca Giovanni Quintavalla, Francesco Critelli, Eleonora Proni, Valentina Ancarani, Raffaele Donini, Alice Parma, Marcella Zappaterra, Barbara Lori, Simona Lembi, Luca Sabattini, Maria Costi, Emma Petitti.
Nell’atto ispettivo si chiede anche di fare il punto sull’attuale situazione e su quanti infermieri di famiglia e di comunità risultino attualmente attivi in Regione e se tale numero corrisponda al fabbisogno previsto dai parametri ministeriali (1 ogni 3 mila abitanti); in più, si chiede alla giunta se intenda sollecitare un monitoraggio, per fare in modo che non ci sia disomogeneità fra le varie province e fra i vari distretti, colmando eventuali carenze di personale soprattutto nei contesti marginali come quelli montani o meno popolati.
“L’infermiere di famiglia e di comunità (IFeC) – ricordano i consiglieri – è un professionista sanitario che opera a stretto contatto con cittadini e famiglie e in collaborazione con il medico di famiglia e altri specialisti territoriali, garantendo un’assistenza incentrata sui problemi di salute e sui bisogni della persona”.
Richiamando la normativa in materia e il Piano nazionale della prevenzione 2020-2025, i consiglieri ribadiscono come “l’assistenza sanitaria territoriale diventi luogo elettivo per attività di prevenzione e promozione della salute”, evidenziando anche che “la carenza di personale infermieristico è uno dei problemi più gravi che affliggono il servizio sanitario”.
In un contesto di bisogni crescenti e di trasformazione demografica che sta trasformando la domanda di salute – destinata a crescere alla luce dell’allungamento dell’aspettativa di vita -, dal Partito democratico si evidenzia come “l’infermiere di famiglia e di comunità possa operare in modelli assistenziali di cure primarie a seconda del contesto territoriale: zone urbane a elevata intensità, periferie cittadine, paesi isolati, zone montane richiedono soluzioni organizzative e di intervento specifiche”.
Da qui l’interrogazione alla giunta per chiedere anche “se si ritenga opportuno garantire una chiara distinzione organizzativa e operativa tra la figura dell’infermiere di famiglia e quella dell’infermiere domiciliare, valorizzando le specifiche competenze e funzioni di ciascuna figura all’interno dell’assistenza sanitaria primaria”.
(Brigida Miranda)


