Trasferimenti insufficienti dal governo, carenza di medici di base, volontà di potenziare l’integrazione tra i medici di famiglia, gli ospedali di comunità, le case della salute e ospedali.
La commissione Politiche per Salute presieduta da Gian Carlo Muzzarelli ha fatto il punto sul sistema sanitario regionale, con le forze politiche che si sono divise sulle motivazioni di luci e ombre della sanità emiliano-romagnola. Per il centrosinistra che sostiene la giunta De Pascale il sistema funziona e i problemi sono frutto degli insufficienti trasferimenti di risorse statali da parte del governo. Al contrario, per l’opposizione di centrodestra i problemi vanno ricercati e risolti lungo la via Emilia, dove il sistema sanitario regionale va rivisto perché sconta ancora troppe inefficienze che non dipendono dalla mancanza di risorse nazionali.
“L’assistenza territoriale in Emilia-Romagna – rimarca il presidente Muzzarelli – è la chiave per rispondere alle esigenze della nostra comunità. Mancano risorse economiche che dobbiamo trovare. Inoltre, l’età dei medici si sta alzando e, dunque, serve una nuova generazione di professionisti della sanità”. Prosegue: “È importante costruire opportunità per avere una sanità sempre più di qualità e il ruolo dei medici di medicina generale resta centrale. L’assistenza deve essere continua e flessibile e i servizi devono essere sempre più capillari, con particolare attenzione al tema della prevenzione così come a quello della ricerca”.
“In sanità è importante il tema dell’innovazione. In Emilia-Romagna il sistema ha già rinnovato l’offerta, anticipando la riforma nazionale: siamo già nella condizione di innovare il sistema di cura nonostante il sottofinanziamento cronico da Roma”, spiega l’assessore alle Politiche per la salute, Massimo Fabi. Che aggiunge: “Le figure centrali del sistema per noi sono il medico di medicina generale e il pediatra di libera scelta, professionisti che hanno un rapporto fiduciario con i cittadini”. Parlando dell’organizzazione del sistema sanitario regionale Fabi sottolinea che “in regione l’organizzazione distrettuale resta centrale è si basa su una programmazione partecipata, che per noi è una scelta di campo. Nei 39 distretti sono presenti i 2.736 medici di medicina generale, le case di comunità (in continuità con le case della salute), che garantiscono un collegamento funzionale rispetto all’erogazione dei servizi (380 in regione), e gli ospedali di comunità (in continuità con le strutture per anziani), che sono strutture particolarmente flessibili e vero e proprio perno dell’intero sistema (sono 24 in regione più 20 ancora da attivare). Il nostro, quindi, è un sistema integrato che ha l’obiettivo di affrontare tutti i bisogni, a partire da quelli complessi. Le zone carenti di medici di medicina generale in regione sono 1.427”.
Gli interventi dei sindacati
A sottolineare problemi e potenzialità della sanità territoriale regionale sono stati gli interventi delle rappresentanze sindacali dei medici di medicina generale, della società italiana di medicina generale e delle cure primarie nei suoi riferimenti regionali.
Per Roberto Pieralli (Snami) “i parametri sulle assegnazioni dei medici sono inadeguati, il ruolo unico di assistenza primaria è soggetto a disorganizzazioni e serve fare un passo indietro, altrimenti il rischio è quella di un abbandono di questa professione”. Antonio Slawitz, sempre dello Snami, ha sottolineato: “Sul ruolo unico i problemi sono evidenti e i medici di medicina generale devono essere tutelati”. Ancora per lo Snami è intervenuta Samanta Papadia: “Le prescrizioni cancellate si traducono in percorsi complicati per i cittadini, tanto che i più fragili rischiano di rimanere indietro, rinunciando alle cure. Il medico di medicina generale è il primo filtro clinico, per cui servono linee guida chiare e applicabili”. Per Daniele Morini (Fimmg) “serve uscire dal pantano, c’è condivisione d’intenti con l’assessorato ed è utile la programmazione partecipata. Il sistema si regge sullo spirito di abnegazione dei medici. Ci siamo abituati al sottofinanziamento cronico ma occorre cambiare”. Salvatore Bauleo, sempre della Fimmg, ha puntualizzato: “Il medico di medicina generale è figura centrale del sistema, su questo siamo d’accordo con l’assessore. Resta il fatto, però, che i centri di assistenza e urgenza assorbono un’ingente quantità dei finanziamenti destinati alla medicina generale”. Sempre per la Fimmg Euro Grassi ha evidenziato: “Il presente non è roseo, in quanto è notevole l’impegno dei medici di medicina generale. Serve un cambio di passo, perché la medicina territoriale viene trascurata”. A seguire Michele Tamburini (Smi): “I medici di famiglia sono il primo filtro della sanità. Hanno un ruolo centrale sul territorio e garantiscono un servizio capillare. Abbiamo un rapporto diretto con i cittadini, ma il sistema è però troppo burocratizzato e serve un accordo che definisca compiti precisi”. Per Vincenzo Immordino (Fmt) “in regione la qualità dell’assistenza buona e il medico di famiglia è figura centrale, in grado di seguire il paziente nel tempo. Rilevo, però, poca attenzione alle nostre richieste da parte della Ragione Emilia-Romagna, con cui la condivisione è minima”.
Il confronto fra le forze politiche
Il quadro della sanità emiliano-romagnola emersa dalla relazione dell’assessore Fabi e dalle parole dei rappresentanti delle associazioni di categoria dei medici ha dato vita a un confronto fra le forze politiche.
Per Maria Costi (Partito democratico) “è molto importante il ruolo dei medici di famiglia. Il tema della medicina territoriale è strategico e il sottofinanziamento della sanità è un problema. Serve firmare un accordo in tempi rapidi per dare in primis risposte ai giovani medici. È poi necessario lavorare per sburocratizzare il sistema. Infine, è fondamentale puntare sul tema della prevenzione”.
Per Elena Ugolini (Rete civica) il sistema va riformato: “C’è disparità di relazioni tra l’assessorato e i diversi mondi qui rappresentati. Serve un cambio di passo e occorre un accordo per la medicina generale, ma un accordo che sia condiviso. Si riscontrano, poi, divari territoriali rispetto all’erogazione dei servizi sanitari su cui dobbiamo intervenire. Il sistema sanitario regionale è carente, in primis dal punto di vista organizzativo, e quindi bisogna cambiare rotta”.
Marta Evangelisti (Fratelli d’Italia) ribadisce l’importanza del ruolo dei medici di famiglia: “Nel sistema hanno un ruolo centrale. L’Emilia-Romagna in sanità non è più la prima della classe e serve maggiore efficacia nel sistema. La medicina territoriale garantisce la sicurezza ai cittadini anche nelle aree periferiche della regione, per questo i modelli organizzativi vanno rivisti. Il medico di medicina generale, infatti, è diventato un burocrate”.
Sulla stessa linea Nicola Marcello (Fratelli d’Italia): “Il ruolo unico imposto dovrebbe essere facoltativo. La carenza di medici, poi, non è imputabile al governo nazionale. Inoltre, è sbagliata anche la riduzione delle prescrizioni riservate ai medici di base, così come è evidente il problema dell’eccessiva burocrazia. Infine, è falsa la tesi del sottofinanziamento nazionale, in quanto dal governo sono pervenuti 142 milioni di euro”.
Alice Parma (Partito democratico) è intervenuta sull’organizzazione del sistema: “Servono risposte, in quanto il momento è complesso anche dal punto di vista della riorganizzazione. I decreti nazionali danno indicazioni che vanno applicate. I medici di medicina generale nel sistema hanno un ruolo centrale e noi puntiamo sulla prossimità della cura. Serve chiudere il contratto integrativo, con particolare attenzione nell’accordo al tema dell’innovazione”.
Per Giovanni Gordini (Civici con de Pascale) “il sistema sanitario italiano è meno finanziato di quello di altri paesi europei. In Emilia-Romagna stiamo dando risposte alle disomogeneità territoriali, anche se la risposta non deve essere la stessa da Piacenza a Rimini, in quanto ogni area ha le proprie differenze. Confronti come questo in commissione sono molto importanti”.
(Cristian Casali)



