Sanità e welfare

Neonati con problemi uditivi: la Regione rafforza l’attività di screening

È quanto è emerso nel corso della commissione Sanità. La posizione delle forze politiche

Ogni anno in Emilia-Romagna nascono in media 121 bambini affetti da sordità (3,02 ogni 1.000 nati). I bambini con ipoacusia presi in carico presso i servizi territoriali rappresentano, per la fascia di età 0-17, quasi il 2% di tutti i bambini in carico alle competenti strutture regionali. Numeri di fronte ai quali la Regione Emilia-Romagna punta sempre più sulla prevenzione, tanto che tutti i bambini che frequentano il nido vengono sottoposti a screening uditivo universale. L’obiettivo è diagnosticare in maniera precoce eventuali problemi all’udito in modo da sottoporre i neonati a cure riabilitative entro il sesto mese di vita. Il numero di bambini con ipoacusia è progressivamente aumentato fino al 2021, per poi calare in valori assoluti in modo direttamente proporzionale al numero totale delle nascite.

La conferma dell’impegno della Regione Emilia-Romagna è stata comunicata durante l’audizione dell’assessore alla Sanità Massimo Fabi nel corso della commissione Sanità presieduta da Giancarlo Muzzarelli.

“Con lo screening neonatale affrontiamo un tema di grande rilevanza sociale. Oggi il programma copre oltre 40 patologie e il panel è stato ulteriormente ampliato per tutelare la salute fin dai primi anni di vita”, spiega il presidente Muzzarelli, mentre l’assessore Fabi ricorda come “si tratta di un evento a impatto sociale considerevole. Pensate a quanto sia importante avere un udito efficiente per l’apprendimento e la socializzazione. La Regione con queste linee guida ha cercato di perfezionarsi ulteriormente”.

Venendo al merito delle attività svolte, risulta che ai test di screening neonatali attualmente disponibili possono sfuggire i bambini che presentano forme di ipoacusia lieve o a insorgenza tardiva e le neuropatie uditive. Per questo è fondamentale la sorveglianza uditiva.

Il percorso di riabilitazione ha la finalità di assicurare che i minori con diagnosi di sordità, possano essere presi in carico il più tempestivamente possibile, al fine di permettere il più adeguato sviluppo comunicativo e linguistico compatibile con la patologia di base. Sia l’intervento diretto clinico multidisciplinare sia l’intervento di supporto alla famiglia e di consulenza alla scuola hanno come finalità ultima quella di consentire la maggior evoluzione possibile dello sviluppo del bambino e di prevenire difficoltà psicologiche, scolastiche, sociali.

La relazione dell’assessore Fabi è stata oggetto di confronto fra le forze politiche.

Ad aprire il dibattito è stato Nicola Marcello (FdI) per il quale “si tratta di un’opera pregevole e ben fatta, dato che lo screening viene effettuato in modo efficace. Penso alle persone che non portano il bambino al secondo controllo e sfuggono, penso sia fondamentale focalizzarci su questo 0,5 % perché va a vanificare il controllo. Importante è anche stimolare le reti successive, a partire dalla scuola, fino al successivo inserimento lavorativo”.

Per Ludovica Carla Ferrari (Pd) “i dati di crescita sono preoccupanti: è importante capirne il motivo, oltre, ovviamente, alla maggiore capacità di individuare questi disturbi. Inoltre, qual è la situazione sui test che vengono svolti nella fascia 0-6 e quanti se ne svolgono all’anno?”. Per Maria Costi (Pd) “è importante che le buone prassi si diffondano. Oltre a costare meno, prevengono una serie di peggioramenti che costerebbero di più. Inoltre, il tema dell’alleanza socio-sanitaria è fondamentale”.

“Il nostro approccio ci obbliga ad avere attenzione nei confronti degli stranieri – sottolinea Giovanni Gordini (Civici) – questa scelta credo sia importante da sviluppare”. Mentre Maria Laura Arduini (Pd) chiede “in che modo è presente l’alleanza socio-sanitaria”.

Domande a cui ha risposto l’assessore Fabi per il quale “dal punto di vista politico stiamo parlando del profondo significato del concetto di equità; dobbiamo calibrare il nostro sistema di cura al bisogno delle persone che hanno deficit e fragilità. Penso, ad esempio, quando un deficit uditivo si somma al problema dell’apprendimento da parte di persone che arrivano da altri Paesi. Pensiamo anche chi ha delle convinzioni diverse dalle nostre: per poter parlare una lingua comune, abbiamo delle responsabilità nei confronti dei nuovi italiani. Stiamo parlando di questo grande valore di civiltà che fonda la nostra Carta costituzionale. L’integrazione tra sociale e sanitario diventa fondamentale così come il tema del coordinamento fra professionisti, che costituisce una vera a propria sfida”.

(Giorgia Tisselli)

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