“Nell’affrontare le ragioni che hanno spinto prima il Governo e oggi la Regione Emilia-Romagna a varare per la prima volta misure di contrasto alla povertà dobbiamo dare uno sguardo ai dati Istat e Caritas che ci raccontano di una crescita esponenziale della povertà negli ultimi anni. Sono 1 milione e 582 mila le famiglie e oltre 4 milioni gli individui che vivono in condizioni di indigenza in Italia, circa 70 mila famiglie in Emilia-Romagna, un ‘esercito di poveri’ che vive in condizioni di fragilità che non è solo materiale, ma che attiene alla sfera dei diritti e della dignità umana”. Con queste parole Stefano Caliandro (Pd) ha aperto la sua relazione sul progetto di legge “Misure di contrasto alla povertà e di sostegno al reddito” di cui è relatore di maggioranza nell’udienza conoscitiva convocata dalla commissione Politiche per la salute e politiche sociali, presieduta da Paolo Zoffoli.
Il Res (Reddito di solidarietà), ha aggiunto il capogruppo Pd, “ha l’intento di raggiungere circa 35 mila famiglie e 65 mila individui nel nostro territorio mettendo a disposizione tra i 30 e i 35 milioni all’anno che andranno ad aggiungersi ai 37 previsti dal Sia (sostegno all’inclusione attiva) nazionale”. Voglio sottolineare, ha ribadito, “il carattere non assistenzialistico di questo provvedimento, che prevede l’attivazione di un patto sociale per l’inclusione attiva, la ricerca di lavoro, la frequenza scolastica e che si inserisce in un quadro di politiche di welfare, tra cui in particolare la legge 14, che andranno allineate e tenute insieme, per dare risposta complessiva a una crisi sociale non circoscrivibile a un solo tipo di fragilità”. A differenza della misura nazionale, ha insistito, “la nostra intende rivolgersi a tutti i nuclei, anche quelli unipersonali, di cui almeno un componente sia residente in regione da 24 mesi, con Isee corrente inferiore o uguale a 3.000 euro. Vogliamo che il nostro sia un provvedimento universale, capace di intervenire sulle zone d’ombra della nostra società in cui in troppi oggi scontano una solitudine che priva di speranze e di opportunità per il futuro. Quelli che l’Arcivescovo Zuppi ha definito i ‘luoghi della debolezza umana’”. Non siamo quindi in presenza, ha concluso, “di una misura meramente economica né di un semplice bonus ma di un intervento strutturale mirato al raggiungimento di una maggiore coesione, di una comunità più giusta e integrata, le cui parole d’ordine siano dignità, lavoro e riscatto sociale”.
La relatrice di minoranza, Giulia Gibertoni (M5s), ha ricordato che “il dialogo, su un tema importante come questo, ha preso forma dopo la presentazione della nostra proposta”. Il progetto di legge della maggioranza, ha poi sottolineato, “non riesce a rimediare a tutte le fasce della povertà. Un misura insufficiente, sia rispetto al dato Isee, la soglia dei 3.000 euro, sia rispetto all’entità del contributo erogato. Un progetto di inclusione che esclude”. Occorre intervenire, ha evidenziato, “con maggiore incisività, l’obiettivo deve essere quello di fare uscire dalla fasce di povertà tutti i soggetti fragili, primariamente attraverso politiche per il lavoro”. Stimo predisponendo, ha concluso la consigliera, “degli emendamenti per superare le criticità presenti nella legge della maggioranza”.
Nel progetto di legge presentato dal M5s si propone di introdurre il reddito di cittadinanza, “misure costituite da servizi e azioni dirette all’inserimento occupazionale e da indennità economica temporanea di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale”, un provvedimento “rivolto ai soggetti più esposti al rischio di marginalità sociale e lavorativa per favorirne l’inserimento nel mercato del lavoro”.
“Con questa legge diamo delle risposte concrete – è poi intervenuto la vicepresidente della Regione Emilia-Romagna e assessore al welfare, Elisabetta Gualmini– ai nuovi bisogni delle famiglie, anche monoparentali, che a seguito della crisi, anche nella nostra regione, stanno scivolando in condizioni di povertà”. Nel nostro sistema di welfare e nelle nostre politiche di protezione sociale, ha aggiunto, “sono presenti alcuni buchi, con questo provvedimento creiamo un cuscinetto per recuperare le persone che rischiano di essere escluse, soggetti in condizioni di disagio o senza lavoro che non entrano nel nostro sistema di welfare”. Non parliamo, prosegue, “di un reddito di cittadinanza, ma di una misura sostenibile di inclusione”. La legge, ha concluso Gualmini, “insiste su tre elementi: l’universalità dello strumento, per allargare la platea dei soggetti coinvolti; la globalità dell’intervento, per coprire particolari fragilità; il monitoraggio e la sperimentalità delle azioni, per comprenderne l’efficacia”.
Seguiranno interventi dei portatori di interesse.
(Cristian Casali)