In un’interrogazione rivolta alla Giunta regionale Raffaella Sensoli (M5s) riprende una recente interrogazione parlamentare sul caso- riportato dalla stampa il 7 febbraio 2015- di un neurochirurgo, già rinviato a giudizio in un precedente processo per lesioni colpose causate dall’impianto di vari fissatori interspinosi suscettibili di rottura e/o deformazione, che “avrebbe ricevuto una richiesta di rinvio a giudizio per truffa e abuso di ufficio”.
Un quotidiano di Latina del 4 aprile 2016- segnala ancora la consigliera- scrive che il neurochirurgo in questione operava nella “struttura ospedaliera accreditata ‘Villa Erbosa’ di Bologna, struttura sanitaria accreditata dal servizio sanitario regionale dove risultano eseguiti numerosi interventi che non avrebbero risolto molte patologie lombari mentre, al contrario, si sarebbero verificati gravi danni ai pazienti derivanti dalla rottura e dalla deformazione delle protesi”.
Le protesi utilizzate dal neurochirurgo- aggiunge la pentastellata- erano prodotte, sempre secondo notizie stampa, da un’azienda, di cui è amministratore unico la moglie dello stesso neurochirurgo e di cui risultano soci e azionisti i figli.
La consigliera chiede quindi quali iniziative abbia assunto la Giunta “in relazione ai fatti citati nell’interrogazione parlamentare”; se intenda verificare, per quanto di competenza, l’efficacia curativa dei dispositivi medici fissatori interspinosi prodotti dall’azienda in questione; se sia orientata ad adottare provvedimenti per garantire l’espianto dei dispositivi medici difettosi a fronte di centinaia di pazienti coinvolti e se la struttura sanitaria bolognese accreditata abbia provveduto a segnalare la circostanza al ministero della Salute e alla Regione, a fronte del ripetersi delle rotture e delle deformazioni di questi dispositivi medici.
Sensoli riferisce inoltre che “le Regioni assicurano, per ciascun soggetto erogatore, un controllo analitico annuo di almeno il 10% delle cartelle cliniche e delle corrispondenti schede di dimissione”, per “realizzare gli obiettivi di economicità nell’utilizzo delle risorse e di verifica della qualità dell’assistenza erogata, secondo criteri di appropriatezza”, come prevede la legislazione nazionale. Ad avviso della consigliera, tuttavia, la Regione Emilia-Romagna avrebbe fissato una percentuale minima di cartelle cliniche e delle relative schede di dimissioni ospedaliere (Sdo) non sufficiente a far emergere le criticità esistenti.
L’esponente del M5s domanda quindi all’esecutivo regionale se intenda aumentare la percentuale minima di documentazione da sottoporre a controllo, se ritenga opportuno avviare un coordinamento tra le Aziende sanitarie, il Servizio sanitario regionale e gli organi inquirenti su episodi oggetto d’indagine giudiziarie per danni conseguenti a prestazioni sanitarie, se intenda rendere pubblici i risultati dei controlli e infine quante siano e di quale natura le contestazioni sollevate nei confronti della struttura sanitaria bolognese in oggetto negli ultimi cinque anni.
(Tutti gli atti consiliari – dalle interrogazioni alle risoluzioni, ai progetti di legge – sono disponibili on line sul sito dell’Assemblea legislativa al link: http://www.assemblea.emr.it/attivita-legislativa)
(Marco Sacchetti)