Il reddito di solidarietà inizia in Assemblea legislativa l’iter per entrare nelle tasche degli emiliano romagnoli meno abbienti. L’Aula ha iniziato l’esame del progetto di legge “Misure di contrasto alla povertà e di sostegno al reddito”, che prevede di stanziare 35 milioni a sostegno di 65mila persone. Relatore di maggioranza del provvedimento, di cui è primo firmatario Igor Taruffi di Sel, è il capogruppo Pd Stefano Caliandro, mentre relatrice di minoranza è Giulia Gibertoni (M5s).
Il relatore Caliandro, in fase di illustrazione della proposta legislativa, ha ricordato come in Emilia-Romagna sono circa 70mila le famiglie in condizioni di indigenza, “un ‘esercito di poveri’ che vive in condizioni di fragilità non solo materiale ma che attiene alla sfera dei diritti e della dignità umana”. Il Reddito di solidarietà (Res), pertanto, ha l’intento di raggiungere circa 35mila famiglie e 65mila persone nel territorio regionale, mettendo a disposizione tra i 30 e i 35 milioni all’anno che andranno ad aggiungersi ai 37 previsti dal Sia (sostegno all’inclusione attiva) nazionale. Il Res, ha spiegato il consigliere, non ha carattere assistenzialistico, dato che prevede in modo multidimensionale l’attivazione di un patto sociale per l’inclusione attiva, la ricerca di lavoro, la frequenza scolastica e si inserisce in un quadro di politiche di welfare finalizzate a dare risposta complessiva a una crisi sociale non circoscrivibile a un solo tipo di fragilità. A differenza della misura nazionale – ha sottolineato il capogruppo Dem – il Res messo a punto dalla Regione intende rivolgersi a tutti i nuclei familiari, anche quelli unipersonali, di cui almeno un componente sia residente in regione da 24 mesi, con Isee corrente inferiore o uguale a 3.000 euro. “Non siamo quindi in presenza- ha concluso Caliandro- di una misura meramente economica né di un semplice bonus, ma di un intervento strutturale di respiro universalistico mirato al raggiungimento di una maggiore coesione, di una comunità più giusta e integrata, le cui parole d’ordine siano dignità, lavoro e riscatto sociale”.
La relatrice di minoranza, Giulia Gibertoni (M5s), ha espresso apprezzamento per l’approccio universalistico della legge anche se “non si può parlare ancora di reddito di cittadinanza, come proposto dal M5s, dato che si tratta di un’integrazione di risorse finanziarie a misure già attive”. Inoltre, la consigliera ha giudicato insufficiente la misura economica sia rispetto al dato Isee, la soglia dei 3.000 euro, sia rispetto all’entità del contributo erogato, i 400 euro a nucleo famigliare. Si tratta, ha liquidato la relatrice di minoranza, di “un progetto di inclusione che esclude”. Occorre, invece, intervenire con maggiore incisività. Da qui la riproposizione del reddito di cittadinanza, “una serie di misure costituite da servizi e azioni dirette all’inserimento occupazionale e da indennità economica temporanea di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale”. Una misura – ha concluso Gibertoni – non di tipo assistenziale, come si configura nei fatti il Res, che vuole rendere efficace il diritto al lavoro. Il fenomeno della ‘mala occupazione’ ossia del lavoro povero, deve essere affrontato in modo prioritario, perché l’accesso al lavoro di per sé non è più sufficiente per uscire da condizioni di povertà o semi povertà. Pertanto, è necessario un ridisegno del welfare regionale e una diversa distribuzione dei fondi europei, oggi troppo frazionata in una miriade di rivoli, perché “in Emilia-Romagna il volto della povertà è di chi, pur lavorando, non ce la fa”.
(Segue dibattito)
(Luca Govoni)