Esiste una forma giusta e una sbagliata nelle parole che usiamo per indicare e descrivere persone e situazioni che riguardano la sfera femminile? Da qualche anno giornalisti, comunicatori e istituzioni si interrogano sulla questione. L’evoluzione della società e la consapevolezza delle donne hanno portato a riflettere sul linguaggio e a declinare un vocabolario più attento e rispettoso delle differenze di genere. E ciò senza tradire, ma anzi applicando, le regole della grammatica che contempla parole come allenatrice, avvocata, muratrice.
Sono queste tre figure del mondo dei mestieri e delle professioni le protagoniste del video “Le parole giuste” realizzato con la regia di Elisa Mereghetti, coprodotto dal Comitato regionale delle comunicazioni (Corecom) e dall’associazione di giornaliste GiULiA (Giornaliste unite libere autonome) al quale aderiscono le autrici dello storyboard, Mara Cinquepalmi e Beba Gabanelli.
In circa un minuto, la clip sintetizza il messaggio su un uso corretto delle parole, mettendo in scena tre coppie, uomo e donna, che fanno lo stesso mestiere: mentre per l’uomo non ci si sognerebbe mai di definirlo al femminile, per le donne è quasi la regola la declinazione al maschile, perché la lingua comune, ancora in uso, per certe figure non contempla la declinazione femminile.
Nella convinzione che la forma sia sostanza e che anche i cambiamenti nel linguaggio possano avere effetti sul riconoscimento della differenza e sulla cultura del rispetto, già dal 2014 la Regione Emilia-Romagna ha siglato il protocollo d’intesa su “Donne e media” assieme a: Corecom, dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Bologna, Ordine dei giornalisti, Fnsi, GiULiA e ad altri enti e istituzioni che si occupano di informazione.
Il video ‘Le parole per dirlo’ – ha spiegato Giovanna Cosenza, presidente del Corecom – è il primo prodotto di informazione realizzato nell’ambito del protocollo. “La parità di genere- ha detto- passa attraverso il linguaggio. Siamo consapevoli che, come dicono in molti, c’è ‘ben altro’, a partire dai problemi del lavoro e dell’economia, ma è importante produrre una cultura della parità anche attraverso precise scelte lessicali”.
“Questo video- ha precisato Emma Petitti, assessora regionale con delega alle Pari opportunità- rappresenta un altro tassello nel grande mosaico delle politiche di parità che stiamo realizzando in questa Regione, a partire dalla Legge quadro sulla parità di genere (L.r. 6/2014), che è la prima e unica di questo tipo nel panorama delle Regioni italiane. Se è vero- ha aggiunto- che la realtà si fa strada anche grazie a norme che abbiamo voluto, come ad esempio la legge elettorale regionale con la doppia preferenza di genere, che ha notevolmente elevato il numero delle elette in Assemblea legislativa, anche la lingua si deve adeguare a questi cambiamenti”.
“Crediamo- ha detto Roberta Mori, presidente della commissione per la Parità e i diritti delle persone– che le parole giuste costituiscano le premesse per una società più giusta e più equa. Così come le parole di odio creano odio, auspichiamo che invece quelle rispettose creino rispetto e riconoscimento”. La Legge quadro regionale per la parità – ha ricordato – tocca anche questo aspetto e riconosce che “la lingua rispecchia la cultura di una società e ne è una componente fortemente simbolica” e che “l’uso generalizzato del maschile nel linguaggio è un potente strumento di neutralizzazione dell‘identità culturale e di genere che non permette un’adeguata rappresentazione di donne e uomini nella società”. A costo di essere noiose – ha concluso – vogliamo ribadire che il percorso per la parità si attua anche attraverso gli strumenti espressivi, un tema che sarà anche trattato nella prossima Conferenza delle elette in Emilia-Romagna, convocata per lunedì 13 marzo in forma allargata a Parlamentari e associazioni dell’Emilia-Romagna.
Ecco il video: