La commissione per la Parità e diritti delle persone, presieduta da Roberta Mori, ha espresso, in sede consultiva, parere negativo sul progetto di legge di modifica dell’attuale norma regionale sui servizi educativi per la prima infanzia (Legge regionale 19/2016) presentato da Daniele Marchetti (primo firmatario) e dai colleghi del gruppo della Lega nord (favorevoli Lega nord, astenuti M5s, contrari Pd, Si e Silvia Prodi del Gruppo misto-Mdp).
Il testo – ha spiegato Matteo Rancan (Lega nord) relatore del provvedimento – si pone l’obiettivo di favorire nell’accesso ai servizi per la prima infanzia i figli di chi risiede o svolge attività lavorativa in Emilia-Romagna da almeno 10 anni. “Il punto fondamentale -ha detto- è quello di fare in modo che i cittadini emiliano-romagnoli abbiano la precedenza”.
“Il dato di partenza della nostra proposta è la carenza dei posti nei nidi” -ha spiegato Daniele Marchetti (Lega nord) richiamando in particolare alcuni dati che riguardano il Comune di Bologna dove, ha riferito, “risultano circa 1.000 bambini esclusi, il 78% dei quali sono figli di cittadini italiani. Di fronte ad un trend di iscrizioni in crescita e di una corrispondente crescita di coloro che rimangono fuori dai servizi, ci siamo chiesti se è giusto escludere i figli di chi, risiedendo in regione da più tempo, questi servizi ha contribuito a realizzarli pagando le tasse”.
Parere contrario da Silvia Prodi (gruppo misto-Mdp) alla modifica di una legge che – ha detto citando la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo– è stata frutto di una discussione molto articolata e che nelle sue finalità indica il superiore interesse del bambino. Quello dell’accesso ai servizi educativi -ha spiegato- è un diritto del bambino in quanto persona, a prescindere da altre condizioni e circostanze. “Peraltro – ha notato – in tutta regione le domande per i nidi sono in calo, i presupposti della proposta della Lega vengono quindi a decadere”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche Francesca Marchetti (Pd) che ha ribadito che l’obiettivo dell’attuale legge regionale è quello di “produrre maggiore flessibilità organizzativa e inclusione sociale”. Pertanto la proposta di modifica avanzata dagli esponenti della Lega “non rispecchia l’approccio che la Regione ha avuto in questi anni. Il testo, tra l’altro – ha sottolineato- evita di citare espressamente i bambini stranieri, ma basare il ragionamento sulla residenzialità – ha detto – appare un ‘escamotage’ per non esprimere un retropensiero che colgo nella proposta. Non viene poi valutato che il criterio di residenza per 10 anni riguarderebbe anche i genitori che provengono da altre regioni italiane proprio per l’attrattività economica del nostro tessuto produttivo”.
Concorde sul parere contrario anche Nadia Rossi (Pd). “Le persone che arrivano in Emilia Romagna da altre regioni e dall’estero – ha fatto notare- sono spesso prive di una rete di aiuto familiare di cui può invece disporre chi vi risiede da lungo tempo. Va dunque segnalato in questa sede che con la misura proposta dalla Lega nord la donna sarebbe maggiormente penalizzata”.
“Gli asili nido rappresentano un servizio importante – ha replicato Daniele Marchetti (Lega nord) – sono d’accordo che non bisogna escludere, ma dobbiamo fare i conti con la realtà e operare delle scelte. In alcune zone, ad esempio a Bologna, le richieste sono in aumento e non ci sembra giusto escludere chi ha maggiormente contribuito per realizzare i servizi”.
“Non ci sono elementi per sapere se chi è stato escluso sia residente da oltre 10 anni. Ma non ci interessa- ha concluso Francesca Marchetti (Pd)– perché ci preme creare ulteriori possibilità di accesso e l’obiettivo, in ogni caso, è quello di individuare gli strumenti per fornire le risposte a chi casomai è rimasto escluso, senza restringere ulteriormente il campo”.
(Isabella Scandaletti)