Sui punti nascita dell’Emilia-Romagna intervengono nuovamente i consiglieri Raffaella Sensoli, Andrea Bertani e Giulia Gibertoni (M5s), chiedendo alla Giunta regionale di presentare una deroga al ministero della Salute, come ha fatto la Regione Lombardia, per evitare la chiusura di quelli che si trovano in zone disagiate del territorio, in particolare la montagna, e non raggiungono il limite minimo di 500 parti all’anno.
Le deroghe – riportano i pentastellati – concesse alla Regione Lombardia per mantenere in attività i punti nascita nelle zone geograficamente disagiate, anche se questi non raggiungono il limite minimo di 500 parti annui fissato dalla Conferenza Stato Regioni nel 2010, sono fondate sull’assunto, “sostenuto dal gruppo assembleare M5s della Regione Emilia-Romagna dall’inizio della legislatura”, che occorre valutare “non tanto il numero di parti effettuati nelle strutture, ma il numero di parti effettuati dal personale che opera nelle stesse strutture e la sua esperienza professionale”. Tale esperienza professionale – sostengono i pentastellati – può essere mantenuta su valori elevati con vari sistemi che escludono la chiusura dei punti nascita nelle realtà disagiate per ragioni orografiche.
Secondo i consiglieri, “i punti nascita in Emilia-Romagna”, grazie alla professionalità del personale impiegato e alle caratteristiche degli immobili e delle attrezzature tecnologiche, “che hanno sempre risposto pienamente ai requisiti di accreditamento ottimali richiesti dalle normative”, possono essere certificati dalle Ausl come “strutture in grado di garantire sicurezza e qualità anche in presenza di meno di 500 parti annui”.
Da qui la richiesta all’esecutivo regionale di predisporre in brevissimo tempo una proposta di deroga al ministero della Salute, sulla base di quanto fatto da altre Regioni, affinché, “per mantenere aperti i punti nascita nelle zone più disagiate, la mera valutazione numerica dei 500 parti annui venga superata dalla valutazione della qualità e sicurezza delle infrastrutture e delle dotazioni tecnologiche nonché delle competenze specialistiche del personale”.
(Luca Govoni)