Sanità e welfare

Salute. Studio Istituto Ramazzini su radiofrequenze, Gibertoni (M5s): ora la Regione agisca

In un’interrogazione la consigliera chiede alla Giunta regionale di intervenire sull’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) per rivedere la classificazione delle radiofrequenze

La Giunta regionale intervenga nelle sedi competenti affinché l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (larc) riveda la classificazione delle radiofrequenze da “possibili cancerogeni” a “probabili cancerogeni”. È quanto chiede Giulia Gibertoni (M5s) alla luce delle conclusioni della ricerca che l’Istituto Ramazzini di Bologna, attraverso il Centro di ricerca sul cancro “Cesare Maltoni”, ha condotto per studiare l’impatto dell’esposizione umana ai livelli di radiazioni a radiofrequenza (RFR) prodotti da ripetitori e trasmettitori per la telefonia mobile.

Nell’interrogazione presentata in Regione la consigliera ricorda come la ricerca sia stata finanziata da Istituto Ramazzini, Arpae, Regione Emilia-Romagna, Fondazione Carisbo, Inail, Protezione elaborazioni industriali (P.E.I.), Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Children With Cancer (UK), Environmental Health Trust (USA). Inoltre, la pentastellata evidenzia come lo studio – intitolato “Resoconto dei risultati finali riguardanti i tumori del cervello e del cuore in ratti Sprague-Dawley esposti dalla vita prenatale alla morte spontanea a campi elettromagnetici a radiofrequenza, equivalenti alle emissioni ambientali di un ripetitore da 1.8 GHz”, sia il più grande mai realizzato su radiazioni e radiofrequenza (RFR).

In considerazione del fatto che, secondo quanto dichiarato dalla direttrice dell’Area Ricerca del Ramazzini e leader dello studio, “l’intensità delle emissioni utilizzate per lo studio è dell’ordine di grandezza di quella delle esposizioni ambientali più comuni in Italia”, Giulia Gibertoni rivolge due domande all’esecutivo regionale: “se non si ritenga necessario agire nelle sedi di confronto con i Ministeri competenti affinché si imponga l’adozione delle precauzioni consigliate nella ricerca volte a ridurre i rischi connessi con l’uso di telefoni cellulari”; infine, “se non si ritenga opportuno, attraverso i propri canali comunicativi, lanciare una campagna comunicativa pubblica affinché la popolazione regionale sia messa al corrente dei rischi che si corrono utilizzando i telefoni cellulari in modo inappropriato”.

(Luca Govoni)

Sanità e welfare