Il caso di un bambino di circa 4 anni, residente a Ravenna, a cui è stato diagnosticato lo ‘spettro autistico di tipo moderato’ e per il quale ci sono voluti quasi sei mesi per fare il test e un mese per avere i risultati, finisce in Regione. A presentare un’interrogazione sono i consiglieri della Lega nord Massimiliano Pompignoli e Daniele Marchetti.
“L’Ausl di Ravenna – spiegano i consiglieri – come terapia, in questi casi, attuerebbe il ‘programma Pria’ (Programma regionale integrato autismo): questo programma, immediatamente dopo la diagnosi, prevede che partano le cure consistenti in un minimo di due ore settimanali non domiciliari e due domiciliari”. Ma Pompignoli e Marchetti sottolineano come “da oltre 5 mesi l’Ausl non dia notizie ai genitori del bambino e la referente dell’Azienda continuerebbe a giustificare i ritardi con una ‘lista di attesa’ evidentemente lunga”. Ma “i genitori starebbero sopportando spese dai 400 ai 700 euro al mese per cure private che non potrebbero permettersi per garantire al figlio le cure necessarie”. In tutto questo, esiste “la delibera regionale del 2016 dove si legge, tra l’altro, che ‘deve continuare l’attenzione alla precocità della diagnosi e a una tempestiva presa in carico…'” e per la fascia di età 0-6 anni si prevedono “interventi terapeutici e/o abilitativi entro 2 mesi dopo la diagnosi”.
Dunque i consiglieri leghisti interrogano la giunta per sapere “quale giudizio esprima sul divario che intercorre tra la realtà e le direttive previste dalla Regione, quale sia l’attuale situazione per quanto riguarda i casi di autismo diagnosticati in Romagna in tutte le fasce di età, con particolare riguardo per quella 0-6 anni, come giustifichi i ritardi intervenuti nel caso ravennate che contrastano con le prescrizioni regionali, quale sia l’attuale situazione delle liste di attesa in tutte le articolazioni dell’Ausl unica della Romagna, quali provvedimenti siano stati assunti per ovviare ai ritardi, in caso di mancata assunzione di iniziative, chi ne sia responsabile, quali responsabilità siano a carico del direttore dell’Ausl Unica della Romagna e come giustifichi l’inosservanza delle direttive in materia”.
Inoltre, chiedono “se corrisponda al vero che neppure a Rimini e a Forlì sarebbero garantite le quattro ore di terapia, di cui due domiciliari, se sia vero che molte famiglie sono costrette a rivolgersi al privato, e quali iniziative intenda assumere la Regione per garantire le cure previste. Se sia vero che spesso gli educatori assunti dall’Ausl non avrebbero competenze specifiche per un disturbo come l’autismo e – infine – cosa intende fare per far fronte alle carenze denunciate”.
(Margherita Giacchi)