“Se andassimo in giro a chiedere alla gente cos’è stata la banda della Uno Bianca, sono convinta che in tanti non saprebbero rispondere. Ricordare è fondamentale, dimenticare non si può. E questo vale anche per noi giovani”. Le parole di Anna, studentessa del liceo Laura Bassi di Bologna, riecheggiano nell’aula magna della Regione, dove oggi si è svolto l’incontro Verità storica e verità processuale – la banda della Uno Bianca. Gli studenti di conCittadini dell’Assemblea legislativa, appartenenti al Laura Bassi e all’istituto Francesco Alberghetti di Imola, hanno ascoltato il sostituto procuratore di Bologna Valter Giovannini, ricostruendo le fasi degli eventi criminali accaduti tra il 1987 e il 1994 in Emilia-Romagna ad opera dei fratelli Savi. Una delle pagine più nere della storia di Bologna e della regione, che ha causato 24 morti e 102 feriti.
Alla lettura delle carte del processo e alla discussione su quale sia la verità storica e giudiziaria della vicenda, hanno partecipato anche Rosanna Zecchi, presidente dell’associazione familiari delle vittime della Uno Bianca, Alberto Capolungo, vicepresidente dell’associazione, Karen Bergami, autrice del libro Spari illegali dalla Uno bianca. Studio sulla personalità di Roberto e Fabio Savi e Rosi Manari, del servizio conCittadini dell’Assemblea.
I ragazzi hanno presentato il progetto lanciato lo scorso anno con l’associazione Corso Doc Ferite nel corpo, nell’anima e nel territorio: l’oscura e tragica storia della Uno Bianca, un docufilm realizzato dagli stessi studenti assieme anche a D.E-R (associazione Documentaristi Emilia-Romagna). Il progetto, che ha coinvolto 150 ragazzi di sette classi (sei del Laura Bassi, una dell’Alberghetti), ha raccolto le interviste a Capolungo, il cui padre Pietro fu ucciso a Bologna dalla banda nel maggio del 1991, e alla storica Cinzia Venturoli, che ha spiegato ai giovani la verità giudiziaria, stilando i profili dei componenti della banda criminale. Il lavoro dei ragazzi è stato coordinato dallo stesso vicepresidente dell’associazione familiari delle vittime.
“Si è trattata di una giornata importante – ha detto il pm Giovannini – ringrazio tutti coloro che l’hanno organizzata. Lanciare ai ragazzi semi di memoria è utile, germoglieranno. La stragrande maggioranza dei giovani qui presenti non era neppure nata quando si concluse la parte giudiziaria della vicenda. Da parte mia, nessuna velleità di storico. Ho semplicemente raccontato la mia esperienza umana e professionale, di chi ha incontrato il dolore vero di tante persone”.
“Parlare di quegli anni tragici mi causa sempre il batticuore- ha detto la presidente dell’associazione Rosanna Zecchi, che nella strage perse il marito Primo, ucciso nel 1990- e provoca dolore. Ma parlare ai giovani, far loro capire cosa sia accaduto veramente, è fondamentale. I feriti ancora mi chiamano in preda al panico: hanno paura che la scarcerazione di uno dei componenti della banda, Marino Occhipinti, sia la chiave di volta per la liberazione anche degli altri. Molte vittime ancora oggi non riescono ad avere pace”. E a chi le chiede se un giorno potrà mai perdonare gli assassini, Rosanna Zecchi è perentoria. “Con quello che abbiamo passato, noi non potremo mai perdonare. Dieci giorni fa una signora, sulla cinquantina, mi ha fermato al supermercato, chiedendomi il motivo per il quale ancora non ho perdonato Occhipinti. Le ho risposto di non permettersi mai più di avvicinarmi. L’episodio mi ha fatto capire che la gente di quegli anni si è già dimenticata della vicenda”.
(Stefano Chiarelli)