L’indagine condotta a Bologna dall’Ispettorato del lavoro sui 200 infermieri a chiamata, gestiti in modo irregolare da studi professionali, attraverso piattaforme on-line simili a quelle dei fattorini del cibo a domicilio, e inviati ai principali ospedali pubblici e privati in base alle richieste, finisce nel mirino di una consigliera del M5s. In un’interrogazione presentata in Regione, la pentastellata rimarca come gli studi professionali oggetto d’indagine si siano sostituiti alle Agenzie del lavoro, associando come liberi professionisti gli infermieri e gestendoli tramite il sistema della chiamata tramite piattaforme on-line e gruppi su Whatsapp.
Gli infermieri a chiamata, però, – evidenzia la consigliera – non sono assunti in modo regolare dagli studi professionali e non sono pagati per il lavoro straordinario o svolto nei gironi festivi né nei periodi di ferie. L’indagine – sottolinea l’esponente dei 5 stelle – fa emergere come il fenomeno dell’infermiere a chiamata non sia così residuale come le istituzioni pubbliche, Regione in testa, hanno finora lasciato credere, tranquillizzando chi, come la stessa consigliera, ha più volte richiamato l’attenzione su questo fenomeno.
Dunque, la pentastellata chiede l’intervento della Giunta affinché “si contrasti il diffondersi di modalità di gestione degli infermieri attraverso piattaforme che gestiscono il sistema dalla candidatura alla chiamata, costringendoli a lavorare da professionisti autonomi, ma con gli obblighi del lavoro dipendente, sette giorni su sette e senza alcun tipo di tutela, dalla malattia allo straordinario alle ferie”.
(Luca Govoni)