La commissione Speciale di ricerca e studio sul fenomeno delle cooperative cosiddette spurie o fittizie, presieduta da Luca Sabattini, ha convocato in audizione il direttore regionale dell’Agenzia delle Entrate dell’Emilia-Romagna, Rosella Orlandi, per un focus sulla cooperazione e il fenomeno dell’illecita somministrazione di manodopera.
Negli ultimi due anni, – spiega Rossella Orlandi – data la rilevanza fiscale, penale e sociale del fenomeno, l’Agenzia regionale delle Entrate ha analizzato in modo approfondito il legame tra falsa cooperazione e illecita somministrazione di manodopera. È stata fatta una mappatura delle società cooperative in Emilia-Romagna, suddivisa per province e attività, e si è proceduto ad analizzarne il volume d’affari e le dichiarazioni fiscali. A questo punto si sono prese in esame le dichiarazioni con IVA a debito. Cooperative, ad esempio in settori quali lavorazione delle carni, logistica e facchinaggio, che presentavano importi elevati di IVA, destinati a compensazioni per pagare contributi e ritenute, hanno destato sospetto, in quanto l’utilizzo di manodopera non è soggetto a questa imposta. Controlli specifici e mirati hanno consentito di fare luce su un sistema fraudolento: “falsa fatturazione di costi inesistenti per creare credito IVA finalizzato, attraverso il sistema delle compensazioni fiscali, a non versare al Fisco contributi e ritenute utilizzando i soldi dei mancati versamenti per pagare la manodopera”. Dunque, – sottolinea la direttrice – “crediti IVA inesistenti e false compensazioni sono la spia del fenomeno delle false cooperative, che prosperano grazie alla somministrazione illecita di manodopera. Siamo di fronte a un fenomeno che causa un danno ingente allo Stato, sia sotto il profilo erariale sia sotto il profilo contributivo, e ai lavoratori, cui non vengono versati contributi pensionistici, creando una vera emergenza sociale”. L’Agenzia delle Entrate – conclude Rossella Orlandi – sta cercando di bloccare in entrata le compensazioni fiscali nel caso di accertamento di credito IVA inesistente.
Per Piergiovanni Alleva (AltraER) il problema fondamentale della falsa cooperazione è che “nella maggioranza dei casi è lo stesso soggetto committente che decide di costituire la cooperativa, facendovi figurare quali soci i propri dipendenti, per lucrare sulla somministrazione fittizia di manodopera. Dunque, i soci lavoratori, spesso ignari di esserlo, sono gli stessi dipendenti del committente, che li dirige anche nella cooperativa”. Si tratta – precisa il capogruppo – di una simulazione di somministrazione d’opera che consente ingenti risparmi sul costo del personale e profitti indebiti, tanto che la falsa cooperativa è programmata per fallire dopo un paio d’anni per lasciare il posto a una nuova cooperativa fittizia che, grazie alla clausola sociale, riassorbe i medesimi soci lavoratori della precedente. Quindi – sottolinea il consigliere – ci troviamo di fronte a un fenomeno di illegalità molto diffuso e radicato, per contrastare il quale “l’amministrazione finanziaria, nel vuoto legislativo e giurisprudenziale, può intervenire in modo efficace solo perseguendo l’impresa prestanome, ad esempio controllando l’arco temporale tra la costituzione della coop e l’appalto: se è troppo breve, di sicuro si tratta di simulazione”.
Stefano Bargi (Ln) mette in rilievo come il problema delle false cooperative sia più normativo che imprenditoriale. Dunque, – secondo il consigliere – “occorre agire anzitutto sul piano legislativo, oltre, naturalmente, a perseguire chi delinque”. Per contrastare il fenomeno – propone il leghista – nell’attesa di una legge in materia, “la Regione, come ha fatto il Friuli-Venezia Giulia, potrebbe introdurre una sorta di white list di imprese cooperative verificate e certificate, realtà virtuose che troverebbero il favore del mercato”.
Giulia Gibertoni (M5s), vicepresidente della commissione Speciale, ricorda come il lavoro della commissione Speciale sia finalizzato “alla messa a punto di un sistema di controllo dotato di strumenti analitici in grado di scandagliare le varie banche dati a disposizione, appena saranno in grado di dialogare pienamente fra loro, nonché alla stesura di una proposta di legge”. A livello governativo, peraltro – segnala la consigliera – i 5 stelle hanno elaborato un disegno di legge che presto sarà esaminato. “Il tema della difesa dei valori e del ruolo della cooperazione è centrale, per questo è necessario perseguire in modo risoluto il fenomeno della falsa cooperazione” conclude la pentastellata.
Per Andrea Galli (Fi) il controllo delle buste paga dei lavoratori di una cooperativa è di rilevante importanza: “se la voce relativa ai rimborsi per le trasferte (‘trasferte Italia’) è molto elevata, è probabile sia un importo falso finalizzato a pagare gli stipendi senza versare i contributi dovuti”. Il problema, però – sottolinea il capogruppo – sono i tempi: se tra l’accertamento e l’intervento dell’Agenzia delle Entrate trascorrono in media due anni, “la cooperativa fittizia ha modo di sfuggire alle sanzioni”.
Il presidente Luca Sabattini (Pd), segnalando come la Commissione intenda mettersi a supporto degli enti di controllo, nel tentativo di rendere quanto più visibile il fenomeno delle false cooperative attraverso l’individuazione di specifici indicatori, formula alcune domande alla direttrice Orlandi. “È possibile- chiede il presidente- determinare, per ciascuna categoria di attività economica (codice Ateco), una soglia accettabile di compensazioni fiscali per credito IVA? Riguardo al Durc (Documento unico di regolarità contributiva), la regolarità contributiva di un codice fiscale è da considerarsi un dato un dato sensibile soggetto a privacy o può essere ciclicamente segnalato come corretto dall’Agenzia delle Entrate? Infine, c’è un sistema per controllare la voce ‘rimborsi trasferte’ nelle buste paga o è necessario un esame specifico su ogni singola busta paga?”.
L’Agenzia delle Entrate – puntualizza la direttrice – ha avviato controlli mirati per accertare la simulazione di appalto di manodopera, ma non è semplice trovare prove in grado di essere esibite in caso di processo. Si contesta sempre l’inesistenza delle fatture e quindi dei crediti, per recuperare una parte dei vantaggi economici del committente-simulatore. “Sappiamo bene- spiega Rossella Orlandi- che le cooperative fittizie sono costituite per scopi illegali, ma non è facile risalire al soggetto primario”. Il fenomeno – continua – si annida dove c’è ampio impiego di manodopera. Occorre puntare sulla prevenzione, in quanto il sistema fiscale italiano non è efficace in termini temporali, dato che i controlli si attivano al momento delle dichiarazioni, sfalsate di oltre un anno dall’inizio di un’attività. Poiché l’impiego di manodopera non genera IVA, quando ci troviamo di fronte a compensazioni scattano i controlli. Si tratta di azioni dimostrative, perché la platea dei soggetti è ampia. L’Agenzia ha necessità di intensificare l’azione di controllo, visto che la frode IVA è un reato grave e volontario, ma servirebbe una giurisprudenza più rigida e una revisione normativa. Da valutare la certificazione volontaria di regolarità fiscale per un soggetto che intende pubblicizzarla. Così come è da rivedere – conclude la direttrice – “il sistema degli appalti praticato dagli enti pubblici per le forniture di beni e servizi, in sostanza improntato alla logica del massimo risparmio, poiché le remunerazioni insufficienti per i soggetti vincitori in svariati casi finisce per contribuire al fenomeno dell’illecita somministrazione di manodopera tramite cooperative fittizie”.
(Luca Govoni)