Ha avuto parere favorevole il Sottoprogramma regionale in materia di apicoltura del Programma apistico nazionale di cui al Piano Strategico della PAC (PSP) per gli anni 2023-2027. Il documento è stato votato in commissione Politiche economiche, presieduta da Manuela Rontini.
La giunta ha presentato il programma che “vede le risorse statali aumentate di molto (70 milioni di euro complessivi, ripartiti in base al patrimonio apistico delle varie regioni. In Emilia-Romagna, si passa da 700mila euro a 1,3 milioni. Il cofinanziamento, che in passato era del 50% tra Ue e Stati, ora sarà del 70% a carico dell’Unione europea e del 30% da parte dello Stato”. Il settore è cresciuto, è stato spiegato in commissione, e vede molte nuove professionalità con tanti giovani impegnati.
In regione si sono 5.900 apicoltori – il 70% in autoconsumo, e il 30% per la produzione e il commercio – con 127mila alveari. La produzione media è il 7% di quella nazionale. Molti i servizi di supporto tecnico e scientifico. “Le associazioni dei produttori – ha spiegato la giunta – guidano la crescita degli operatori, specie riguardo all’applicazione dei piani sanitari, grazie a una buona integrazione con i servizi veterinari soprattutto per contrastare il problema della vespa velutina”.
La Ue pone degli obiettivi strategici, per rispondere ai fabbisogni: migliorare la filiera produttiva (imprenditorialità), sviluppare la rete di servizi tecnici e scientifici, attuare la sorveglianza e il contenimento delle avversità sanitarie dovute anche ai cambiamenti climatici. Un’altra novità è la salvaguardia del patrimonio apistico con il miglioramento genetico dell’ape ligustica nostrana. Un altro filone di obiettivi comprende i servizi di supporto all’azienda e il miglioramento delle competenze professionali dell’operatore attraverso servizi di consulenza e assistenza (associazioni, osservatorio nazionale miele). Un terzo obiettivo è la maggiore qualità dei prodotti, che si abbina all’accrescimento, da parte dei consumatori, della conoscenza delle caratteristiche dei prodotti.
Non mancano poi corsi di formazione e aggiornamento. Un primo bando è previsto entro dicembre.
Per le aziende ci sono interventi contro le malattie (acquisto arnie, farmaci), per la prevenzione delle avversità climatiche (acquisto di sistemi elettronici di alert e monitoraggio, ripopolamento patrimonio apistico), diffusione del nomadismo con l’acquisto di attrezzature per portare gli apiari dove ci sono le fioriture. Rimane anche il contributo per le attrezzature dell’apiario, la lavorazione e il confezionamento dei prodotti. Infine, è prevista la promozione e valorizzazione dei prodotti apistici, la comunicazione e la partecipazione a eventi e fiere.
Silvia Zamboni (Europa Verde) ha chiesto come sarà finanziata la misura. Inoltre, la capogruppo vuole saper perché, ad esempio, la Toscana, che ha meno alveari dell’Emilia-Romagna, riceve maggiori finanziamenti.
Il giudizio di Francesca Marchetti (Partito democratico) è positivo, ma sottolinea “che il piano è un continuum della legge regionale per migliorare il settore, grazie al recepimento di molte istanze degli stakeholder presentate ai consiglieri. Bene l’accompagnamento delle imprese, soprattutto di quelle giovani. Le potenzialità del settore sono enormi”.
Per Luca Cuoghi (Fratelli d’Italia) “l’apicoltura ha bisogno di formazione, che serve anche per i produttori professionali. Per renderla efficace, penso che siano utili crediti formativi (anche per la selezione dei bandi). Inoltre, alcuni piccoli produttori fanno fatica ad accedere ai laboratori di smielatura. Servono laboratori provinciali”.
La giunta ha replicato che, per le risorse, si tratta di un premio dovuto ai maggiori oneri e perdite di reddito che i cambiamenti climatici comportano. I soldi sono stabiliti dalla Regioni. Il budget per la formazione è aumentato. E’ un’attività nuova. La formazione è a 360 gradi e comprende avviamento e aggiornamento. È per tutti, sia per l’autoconsumo sia per la produzione: tecnici, dipendenti, enti pubblici. Laboratori di smielatura: affronteremo la richiesta delle associazioni di creare laboratori di smielatura sociali destinati ai produttori più piccoli.
(Gianfranco Salvatori)