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AGRICOLTURA. VOTO UNANIME AULA SU RISOLUZIONE A TUTELA DEL LAMBRUSCO: “LA COMMISSIONE EUROPEA RITIRI OGNI IPOTESI DI LIBERALIZZAZIONE”

Approvato un documento bipartisan sottoscritto da consiglieri di Pd, Sel, Ln, M5s, Fi, Fdi-An che chiede alla Giunta di attivarsi a difesa di un vino che è “patrimonio storico e culturale di questa regione”

Contrastare il tentativo ipotizzato dalla Direzione generale agricoltura della Commissione europea di rivedere il regolamento che tutela i vini Dop e Igp e che riguarda tutte quelle denominazioni di vini, registrate e protette già a partire dagli anni Sessanta, che vedono la Dop costituita dal nome del vitigno autoctono affiancato dal nome della regione geografica. E chiedere il ritiro della proposta di liberalizzazione favorendo il coordinamento delle diverse iniziative già intraprese da Regione, ministero, parlamentari europei, rappresentanze dei produttori e dai consorzi per una piena, effettiva e definitiva tutela del carattere locale e della peculiarità dei vitigni identitari, tra cui il vitigno del Lambrusco e del Sangiovese: sono questi i contenuti principali, sotto forma di impegni affidati alla Giunta, della risoluzione approvata all’unanimità dall’Assemblea legislativa.

Il voto è avvenuto su un atto depositato da 32 consiglieri, in rappresentanza di Pd, Ln, Sel, M5s, Fi, Fdi-An, prima firmataria Luciana Serri (Pd), che l’ha illustrato in Aula. A sostegno del documento unitario sono intervenuti Tommaso Foti (Fdi-An), Andrea Bertani (M5s), Manuela Rontini (Pd), Fabio Rainieri (Ln), Yuri Torri (Sel). Nell’occasione, sono state ritirate tre risoluzioni precedentemente depositate dai Gruppi Fdi-An, Ln e M5s.

È noto, ha spiegato Serri (Pd), come le uve Lambrusco siano coltivate principalmente in Emilia-Romagna e Lombardia nelle province di Modena, Reggio Emilia, Parma e Mantova. Rivedere il regolamento europeo implicherebbe una serie di conseguenze negative, per tutta la viticoltura italiana, in palese contrasto con alcuni dei principi della strategia Europa 2020. Oltre alla proliferazione di etichette a livello comunitario, con conseguente danno alla tutela del consumatore rispetto alla chiarezza sui prodotti e le rispettive filiere produttive, “produrrebbe un notevole danno in termini di competitività e strategie di crescita ai sistemi territoriali che hanno investito nella tutela, nella valorizzazione e nella promozione dei propri patrimoni varietali e della biodiversità”.

Nella risoluzione approvata si afferma che la produzione di vino a partire da vitigni di Lambrusco “è accertata nella zona emiliana e mantovana da millenni, e appartiene perciò a pieno titolo al patrimonio storico e culturale di questa regione, al punto tale da esserne elemento caratterizzante e distintivo”. La filiera vitivinicola del Lambrusco è oggi costituita da un panorama di imprese di diverse dimensioni: circa 8000 aziende viticole, 20 cantine cooperative, 48 aziende vinicole, con più di 1000 addetti. Questa realtà è supportata dal grande numero di operatori specializzati che lavorano in ciascun settore della produzione e che conferiscono a questo distretto manifatturiero un carattere innovativo e all’avanguardia, tanto da aver permesso al Lambrusco di diventare, negli ultimi vent’anni, il vino italiano più apprezzato ed esportato nei mercati internazionali, raggiungendo cinquantadue Paesi in cinque continenti. Oltre il 60% della produzione è destinata all’export.

Questo l’elenco completo dei firmatari della risoluzione: Serri (Pd), Delmonte (Ln), Torri (Sel), Foti (Fdi-An), Bertani (M5s), Bagnari (Pd), Lori (Pd), Cardinali (Pd), Caliandro (Pd), Poli (Pd), Rontini (Pd), Soncini (Pd), Boschini (Pd), Mori (Pd), Bignami (Fi), Campedelli (Pd), Taruffi (Sel), Bessi (Pd), Iotti (Pd), Calvano (Pd), Paruolo (Pd), Pompignoli (Ln), Prodi (Pd), Mumolo (Pd), Sensoli (M5s), Sassi (M5s), Tarasconi (Pd), Francesca Marchetti (Pd), Gibertoni (M5s), Sabattini (Pd), Ravaioli (Pd), Pruccoli (Pd), Rainieri (Ln) e Montalti (Pd).

(rg)

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