La consigliera del Movimento 5 Stelle Giulia Gibertoni torna sul caso lisozima con una risoluzione presentata in Regione. La vicenda riguarda l’enzima alimentare che, in seguito al cambio di classificazione attuato dal Ministero della Salute, non è più da considerarsi ‘conservante’ ma ‘coadiuvante tecnologico’. Una decisione che, secondo la consigliera, costituisce “un regalo immotivato al Consorzio di tutela del Grana Padano- nel quale l’impiego del lisozima è necessario- a spese di quello di tutela del Parmigiano Reggiano e favorisce una concorrenza al ribasso, demotivando i produttori migliori”. Per questo Gibertoni chiede alla Giunta di compiere “una valutazione dei possibili danni economici conseguenti al provvedimento del Ministero, rendendo pubblici i risultati”, tutelando “in ogni sede, comprese quelle istituzionali, il Parmigiano Reggiano, i suoi produttori e i territori di cui esso è espressione”. Gibertoni chiede inoltre alla Regione di “manifestare pubblicamente e formalmente la propria contrarietà al cambio di classificazione del lisozima”.
Secondo la consigliera, infatti, quel provvedimento, “assunto su istanza del Consorzio di tutela del Grana Padano”, è stato attuato “dal Ministero della Salute di un governo dimissionario, due settimane prima dell’entrata in carica dell’attuale esecutivo e su parere di un Consiglio Superiore di Sanità oggi azzerato, con due anni di anticipo rispetto alla scadenza del suo mandato”. Inoltre la comunicazione relativa al cambio di classificazione del lisozima- prosegue la consigliera- sarebbe stata oggetto di un ricorso straordinario presentato dal Consorzio di tutela del Parmigiano al Capo dello Stato, per chiederne l’annullamento in sede amministrativa”. Senza considerare che “il 2019 si prospetta come un anno straordinario per il Parmigiano Reggiano, con un bilancio preventivo da record: se nel 2018 la produzione del formaggio era data in crescita del 2% con oltre 3,7 milioni di forme previste – il livello più elevato raggiunto nella storia del Parmigiano-Reggiano – nel 2019 si prevede un ulteriore incremento della produzione che porterà il numero delle forme a quota 3,75 milioni”. Ma, secondo Gibertoni, “il regalo fatto dalla politica a questo antico formaggio è stato pessimo, con una standardizzazione al ribasso tra Grana Padano e Parmigiano Reggiano”.
Allo stato attuale – sottolinea la consigliera – “è possibile dichiarare il formaggio Grana Padano un prodotto senza conservanti, esattamente come poteva e può fare il Consorzio per la Tutela del Parmigiano Reggiano, ma ciò era ed è possibile in virtù della diversa alimentazione delle vacche che consentiva e consente, da sempre, di non utilizzare il lisozima nella produzione, anziché per una modifica avvenuta solo sulla carta”. Era infatti opinione comunemente riconosciuta come, dal punto di vista delle condizioni minime da rispettare, “il Parmigiano Reggiano avesse, oggettivamente, un disciplinare migliore e più esigente rispetto a quello del Grana Padano”. In più – analizza Gibertoni – nella pagina del portale della Regione Emilia-Romagna intitolata ‘Parmigiano Reggiano e ambiente, un legame indissolubile’ è presente il passaggio in cui viene specificato come si “impedisca che il latte venga contaminato da flora sporigena per continuare ad escludere l’uso di additivi antimicrobici come il lisozima”.
Sullo stesso argomento la pentastella ha presentato anche u’interrogazione nella quale chiede “in che modo la nota del ministero della Salute sia stata diffusa agli organi di controllo della Regione Emilia-Romagna”, “quali indicazioni operative siano state fornite agli organi di controllo” e, infine, “se esista o se sia esistito un protocollo per l’accertamento di eventuali infrazioni in materia di etichettatura degli alimenti, nello specifico del Grana Padano Dop, qualora in particolare risulti mancante, nell’elenco degli ingredienti in etichetta, della dicitura ‘conservante’ prima dell’additivo lisozima da uovo”.
(Stefano Chiarelli)