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Agroalimentare. Sassi (Misto): Regione contrasti accordo commerciale con i paesi del ‘Mercosur’

Interrogazione del consigliere, secondo il quale l’accordo con i paesi del Sudamerica aderenti aprirebbe la strada verso una concorrenza sleale e danneggerebbe la filiera agroalimentare emiliano-romagnola

Contrastare in ogni sede “il possibile raggiungimento di un accordo commerciale da parte dell’Unione Europea con i paesi del Mercosur” – Mercato Comune del Sud, zona di mercato comune che comprende Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay – che provocherebbe “un danno delle filiere di qualità agroalimentari italiane ed emiliano-romagnole in particolare, legate ai prodotti Dop, Igp e Stg”. Lo chiede, in un’interrogazione presentata alla Regione, il consigliere Gian Luca Sassi (Misto).

Le trattative in corso da anni per creare un’area di libero scambio tra i Paesi dell’Unione europea e quelli aderenti al Mercosur – scrive il consigliere nell’atto ispettivo – “secondo una recente denuncia di Coldiretti Emilia-Romagna, minaccerebbero l’agroalimentare nazionale e regionale”. In questo accordo, infatti, “non sarebbe prevista la tutela dell’indicazione geografica dei vini dell’Emilia-Romagna, una denominazione che nella nostra regione ha avuto origine nei primi anni del Novecento e che riguarda, fra gli altri, vini delle province di Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena e Bologna. Con vitigni noti, come il Lambrusco, il Moscato, il Pignoletto, ma anche vini di nicchia recuperati dall’abbandono come la Fogarina, l’Ancellotta e la Spergola”. Queste produzioni, secondo il consigliere, con la formalizzazione dell’accordo sarebbero vittime di “concorrenza sleale da parte dei vini argentini”. L’accordo, quindi, danneggerebbe il mercato emiliano-romagnolo, “che ha un valore complessivo di 3,3 miliardi di euro, di cui 2,9 miliardi per il cibo e 389 milioni per il vino”.

Sulle oltre 300 denominazioni italiane Dop e Igp riconosciute dall’Ue, continua Sassi, “nell’accordo con il Mercosur sarebbe stata proposta una lista di appena 57 tipicità da tutelare; ma su 30 di queste sarebbero state già presentate opposizioni. Con il risultato che, di fatto, meno del 10% delle specialità Made in Italy verrà tutelato, assicurando così, ancora una volta, il benestare dell’Unione Europea alle imitazioni di prodotti italiani, in una realtà, come quella dell’America del Sud, dove la produzione locale del falso è già fra le più fiorenti del mondo”. Secondo i dati Istat riferiti al primo semestre 2018, “l’import/export di prodotti agroalimentari tra l’Emilia-Romagna e i paesi del Mercosur è già ampiamente a favore di questi ultimi, con oltre 400 milioni di euro di importazioni nella nostra regione e poco più di 30 milioni di euro di esportazioni”.

Infatti, prosegue il consigliere, “il valore del falso Made in Italy agroalimentare nel mondo sta salendo e con un aumento record del 70% negli ultimi dieci anni ha ormai raggiunto i 100 miliardi di euro. Quanto all’Emilia-Romagna, i prodotti imitati hanno raggiunto un valore di oltre 12 miliardi di euro. E con il Parmigiano Reggiano si ha anche il primato del prodotto italiano più imitato nel mondo, dove i vari parmesan, parmesao e regianito hanno ormai superato l’originale”. Tuttavia, dal momento che, nonostante tutto questo, il valore della produzione alimentare italiana nelle esportazioni ha superato i 40 miliardi, “il settore potrebbe dare un contributo ancora maggiore alla crescita del Paese, qualora dagli accordi internazionali venisse un chiaro contrasto alla contraffazione alimentare internazionale”. Invece, “per la prima volta nella storia, tramite il Ceta (accordo siglato nel 2017 con il Canada ed entrato in vigore in via provvisoria, in attesa della ratifica di tutti gli stati membri dell’Ue) l’Ue ha legittimato in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy più prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali. Vicenda che ora rischia di replicarsi con l’accordo Mercosur”.

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