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Ambiente. Gibertoni (Misto): la Regione non rinvii i “dibattiti pubblici” sulle grandi opere

La consigliera invita la Giunta a non avvalersi delle norme introdotte dal “decreto Semplificazioni” e, anzi, invita l’esecutivo regionale a chiedere al Parlamento di abolirle

La Regione non si avvalga delle norme introdotte dal decreto Semplificazioni”, che permettono il rinvio del “dibattito pubblico” sulle grandi opere. Ma, al contrario, agisca sul Parlamento perché tali disposizioni vengano abolite. A chiederlo, in un’interrogazione, è la consigliera Giulia Gibertoni (Gruppo Misto), che si riferisce all’articolo del decreto governativo in cui si prevede che “in considerazione dell’emergenza sanitaria da COVID-19 e delle conseguenti esigenze di accelerazione dell’iter autorizzativo di grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale, aventi impatto sull’ambiente, sulle città o sull’assetto del territorio, sino al 31 dicembre 2023, su richiesta delle amministrazioni aggiudicatrici, le Regioni, ove ritengano le suddette opere di particolare interesse pubblico e rilevanza sociale, previo parere favorevole della maggioranza delle amministrazioni provinciali e comunali interessate, possono autorizzare la deroga alla procedura di dibattito pubblico consentendo alle medesime amministrazioni aggiudicatrici di procedere direttamente agli studi di prefattibilità tecnico-economica nonché alle successive fasi progettuali”. Gibertoni ripercorre tutti gli aspetti delle nuove norme nazionali e ricorda come “il dibattito pubblico ha una durata massima di quattro mesi, che decorrono dalla pubblicazione del dossier di progetto dell’opera sul sito dell’amministrazione aggiudicatrice e solo in caso di comprovata necessità e su proposta del coordinatore del dibattito pubblico il titolare del potere di indire il dibattito pubblico può prorogarne la durata di ulteriori due mesi, quindi tempi più che ragionevoli e che non sono in grado di inficiare l’iter di una grande opera pubblica che si misura di norma non nell’ordine dei mesi bensì nell’ordine di anni”. Da qui l’atto ispettivo per sapere dall’esecutivo regionale “se non ritenga la previsione di cui all’art. 8, comma 6bis del c.d. ‘decreto Semplificazioni’ un pericoloso arretramento culturale e un vero e proprio vulnus alla democrazia; se non ritenga opportuno agire in ogni sede possibile affinché il Legislatore torni indietro rispetto a questa scelta e se non ritenga necessario garantire, sin da ora, ai cittadini dell’Emilia-Romagna che la Regione non si avvarrà della possibilità prevista dall’art. 8, comma 6 bis del c.d. ‘Decreto Semplificazioni’. “

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