“Autorizzare l’uccisione di un quarto della popolazione regionale del cervo, di questi un terzo di età inferiore ai 12 mesi, contrasta con quanto asserito nel piano faunistico-venatorio regionale sugli obiettivi di conservazione di questo animale nelle aree appenniniche”.
La consigliera Giulia Gibertoni (Misto) sollecita, con un’interrogazione, l’esecutivo regionale a un ripensamento, chiede poi, prima del rinnovo del programma annuale operativo di gestione del cervo, “un monitoraggio, attraverso un censimento (con i metodi più efficaci), sulle presenze di questa specie in regione”.
La capogruppo vuole poi sapere dalla giunta regionale “per quale motivo si insiste nell’ignorare volutamente l’uso delle tecniche ecologiche e non cruente di controllo della popolazione, come prevede la legge”.
Sulla legislazione in materia Gibertoni spiega, infatti, che “questo tipo di deroghe possono essere disposte solo in assenza di altre soluzioni soddisfacenti, in via eccezionale e per periodi limitati (e in forma selettiva), il prelievo deve poi essere giustificato da un’analisi puntuale (anche rispetto alle condizioni di rischio)”.
“Il piano faunistico-venatorio regionale, peraltro, stabilisce che – evidenzia la consigliera – la conservazione del cervo in Appennino si conferma una priorità a cui si intende dare attuazione”.
Gibertoni cita poi il caso di Piacenza: “Notizie stampa di questi giorni, dell’area del piacentino, riportano come sarebbe in corso, e dovrebbe proseguire fino al mese di marzo prossimo, la caccia di selezione al cervo (un prelievo del 20 per cento della consistenza pre-riproduttiva minima accertata, corrispondente a 102 cervi da uccidere, di cui un terzo con età inferiore all’anno”.
La consigliera, nel rilevare che i danni causati alle attività agricole da questi animali sono limitati, spiega che negli ultimi anni non sono stati registrati aumenti consistenti della presenza del cervo in Appennino, questo tipo di operazioni, quindi, risulterebbero – per la capogruppo – ingiustificate: “Prevedere, di fatto, l’uccisione di un numero che oscilla tra un quarto e quasi un terzo della popolazione regionale di cervi è utile solo per continuare ad assicurarsi i favori dei cacciatori, ma non risolve alcuno dei problemi posti, dall’incidentalità ai danni all’agricoltura”.
(Cristian Casali)