“Prendere in seria considerazione azioni concrete per favorire la caccia al cinghiale in braccata, in quanto efficace, dati alla mano, in termini di numeri e di copertura territoriale per combattere concretamente la diffusione della peste suina africana”.
Ad avanzare esplicitamente la richiesta è Giancarlo Tagliaferri (Fdi) che con un’interrogazione manifesta forti dubbi su alcuni dati forniti in un recente incontro svoltosi a Parma tra il Dipartimento di Sanità Pubblica e tecnici dei comuni dell’Appennino parmigiano oltre a esponenti delle Forze dell’ordine.
Per il rappresentante di Fratelli d’Italia, infatti, i prossimi mesi sono importantissimi per l’economia della Valli del Taro e del Ceno e su questo periodo incombe la necessità di contenere ed eradicare la peste suina che ha nel cinghiale il principale veicolo di contagio.
Contestando le affermazioni di chi sostiene “l’inutilità del classico metodo venatorio giustificando il fatto che i cani utilizzati per la caccia al cinghiale in braccata spaventerebbero eccessivamente gli esemplari interessati favorendone la dispersione nel territorio”, Tagliaferri chiede anche “se si intende autorizzare d’ufficio l’utilizzo dei cani da impiegare nelle attività di depolamento, ossia piani di controllo che dovranno essere messi in atto, immediatamente, nelle zone limitrofe a quelle individuate nella zona 1″ e se si vogliano ” autorizzare tutte le figure abilitate per la caccia al cinghiale, attualmente componenti delle squadre, a partecipare alle attività dei piani di controllo, indipendentemente dalle abilitazioni in loro possesso, per favorire il successo del prelievo dando la possibilità di partecipare a molti più soggetti con cani al seguito”.
(Luca Boccaletti)