I consiglieri e le consigliere Lorenzo Casadei (M5s), primo firmatario, Giovanni Gordini (Civici con de Pascale), Simona Larghetti (Avs), Paolo Burani (Avs), Paolo Trande (Avs), Alice Parma (Pd), con una risoluzione impegnano la Regione a far valutare alle Conferenze Territoriali Sociali e Sanitarie e ai Comitati Consultivi Misti territoriali, la compatibilità tra il diritto alla salute psico-fisica delle donne e l’opportunità delle manifestazioni anti-aborto nei pressi dei luoghi di cura e delle strutture sanitarie.
“Il diritto all’Interruzione Volontaria di Gravidanza (IVG) è garantito dalla Legge 194/1978, che ne disciplina l’accesso in condizioni di sicurezza e nel rispetto della dignità delle donne. In diverse realtà italiane – spiegano i consiglieri – si sono registrati episodi di pressioni psicologiche e intimidazioni, spesso celate sotto forma di “preghiere”, da parte di attivisti anti-aborto, cosiddetti “pro-life”, nei pressi dei luoghi di tutela della salute delle donne e segnatamente della salute riproduttiva delle donne. La presenza di manifestanti e attivisti contrari all’IVG in prossimità delle strutture sanitarie crea un clima di tensione e di potenziale scontro che può compromettere la serenità e il benessere psicologico delle donne che vi accedono, oltre a disturbare altri pazienti dell’ospedale che nulla hanno a che vedere con le pratiche abortistiche.
Durante la presentazione il consigliere Casadei ha sottolineato che “con questa risoluzione chiediamo di vigilare attentamente e di verificare che l’interruzione volontaria di gravidanza sia davvero disponibile ovunque. Non permettiamo in alcun modo che la storia, soprattutto in Emilia-Romagna, torni indietro e se a Roma qualcuno pensa di usare le istituzioni per imporre una morale di Stato, qui troverà un muro fatto di laicità”.
Nella risoluzione si sottolinea come la tutela della salute psichica delle donne sia parte integrante del diritto alla salute, e impegna la Giunta a far valutare alle Conferenze Territoriali Sociali e Sanitarie e ai Comitati Consultivi Misti territoriali, la compatibilità tra il diritto alla salute psico-fisica delle donne e l’opportunità delle manifestazioni anti-aborto nei pressi dei luoghi di cura e delle strutture sanitarie ed a “sollecitare il Parlamento e il Governo affinché adottino una normativa che istituisca “zone di accesso sicuro” attorno ai consultori, alle cliniche e agli ospedali per la salute riproduttiva, garantendo alle donne l’accesso ai servizi sanitari in un ambiente libero da pressioni e intimidazioni”.
A iniziare la discussione è stata Annalisa Arletti (FdI): “Con questa risoluzione entriamo in un terreno molto pericoloso. Siamo a livelli di arroganza per cui, cito testualmente, tra il diritto di manifestare e il diritto alla salute deve prevalere quest’ultimo. La dottrina giuridico-costituzionale sancisce l’equilibrio tra i valori costituzionali e non può soccombere l’uno all’altro; è inammissibile una gerarchia astratta dei diritti. Ricordo che questo governo non mette in discussione la 194 e che in Italia, come nella nostra Regione, non ci sono problemi all’interruzione di gravidanza. A Modena non c’è stato nessun disturbo ma una preghiera silenziosa, chi ha disturbato e creato disagio sono stati i contro manifestanti. La scelta delle donne italiane è al sicuro, tanto che hanno scelto una donna a rappresentarle. Respingiamo con forza una risoluzione molto pericolosa e ideologica”. In seguito, è intervento Nicola Marcello (FdI) che ha riaffermato “il rispetto integrale della 194 da parte del partito, che vuole valorizzare la parte preventiva e di supporto alla maternità. Bisogna proporre un codice etico di condotta per le manifestazioni presso le strutture sanitarie che eviti toni e modalità aggressive senza vietarne la presenza simbolica”.
Per Alice Parma (Pd) “le manifestazioni pro-vita davanti agli ospedali sono di una violenza psicologica tale che in un Paese civile non possono essere tollerate. Le preghiere, seppur potenzialmente legittime, rappresentano una forma di violenza morale. La Regione si è sempre distinta per l’applicazione della 194, a tutela della salute e dei diritti delle donne, ne è un esempio la possibile somministrazione della pillola RU486 anche nei consultori. Serve una normativa nazionale per istituire zone di accesso sicuro, affinché le donne possano farlo senza influenze esterne. Qui non siamo fan dell’aborto, tuteliamo la libertà di scelta delle donne”. Invece, Priamo Bocchi (FdI) ha dichiarato: “Come si può pensare di votare una risoluzione del genere e dichiararsi cattolici, come fanno alcuni consiglieri di centrosinistra. Si ritiene che una preghiera silenziosa sia un atto intimidatorio. In Emilia-Romagna c’è il problema di un malato oncologico che non riesce ad accedere a una pec in tempi ragionevoli, non certo di abortire. L’aborto è un dramma, si dice a una donna che esiste un’alternativa. Nessuno mi potrà convincere che non si tratta dell’interruzione di una vita: voglio mantenere il diritto a pensarla diversamente. Il tentativo di banalizzare l’interruzione è per me sbagliato. La seconda dose della pillola RU486 si può prendere a casa e mi chiedo se si rendono conto della violenza verso una donna che si consente di far abortire da sola nel bagno di casa espellendo il feto e tirando lo sciacquone”.
“Esprimo un senso di vergogna oltre che di imbarazzo – ha detto Francesco Critelli (Pd) – sono interventi che altro non fanno che dare ragione al contenuto di questa risoluzione. Ho provato una forte difficoltà ad ascoltare in quest’aula l’espressione di chi ha detto ‘prendere una pillola e buttare il feto nello sciacquone’. Quando si parla di interruzione volontaria di gravidanza si parla di una scelta dolorosa che ha segnato la vita di migliaia di donne in questo Paese. Ed è inaccettabile, perché alcuni temi meritano di essere trattati con rispetto. Una donna fa una scelta spesso dolorosa, non voluta e carica di sofferenza psicologica: non è il caso che vada a farla con persone che agitano cartelli”. Simona Larghetti (Avs) ha ribadito che è “verissimo, si tratta di un momento dolorosissimo e la risoluzione nasce per non caricare le donne di angoscia. Ma non è per tutte così, perché attiene alla sfera morale e va sostenuta la scelta individuale. Rientra nella sfera dell’autodeterminazione. Seconda la scienza un essere umano è tale quando inizia a svilupparsi il sistema nervoso, che avviene intorno al terzo mese di gestazione. L’embrione non è classificabile come una vita perché quell’ammasso cellulare non sopravvive fuori dal corpo della donna, è una vita potenziale e il potenziale non giuridicamente un soggetto”.
Invece, Marta Evangelisti (FdI) ha dichiarato: “Vorrei chiedere scusa per avere ascoltato espressioni come ‘ammasso cellulare’ riferito a una vita concepita. Non per tutte le donne l’aborto è un dramma e il feto è vita potenziale. Mi piacerebbe che alcune di queste espressioni che molto spesso vengono utilizzate nel dibattito fossero riportate anche negli atti che si approvano e rispetto cui si chiede il consenso ai consiglieri, perché si scrivono cose e se ne discutono altre”.
Lorenzo Casadei (M5s) interviene dicendo che la risoluzione “non intende andare nella direzione di censurare forme di protesta. Si chiede che non vengano svolte nei pressi di strutture sanitarie. Non ci devono essere pressioni”. Mentre Priamo Bocchi (FdI) riprende la parola per dire che il gruppo di Fratelli d’Italia “vota convintamente contro la risoluzione: sulla difesa dei valori non negoziabili come la vita abbiamo idee diverse. Difendere il diritto alla vita è basilare, ci stupiamo che una certa parte politica difenda un condannato a morte e non difenda un essere inerme come un bambino che si va ad abortire”.
Anche Elena Ugolini (Rete civica) dichiara che Rete civica voterà “contro questa risoluzione per rimanere coerenti con l’oggetto della risoluzione, che non mette in dubbio la 194 ma interviene sulla possibilità di manifestare il proprio pensiero in modo pacifico e libero”. Infine, Simona Lembi (Pd) afferma che il Partito democratico voterà “a favore della risoluzione. Questo racconto di donne che hanno sempre bisogno di tutela e che non decidono da sé deve finire: l’esigenza di sentire le donne libere è fortissima, non è accettabile che ci siano forme di dissuasione nei luoghi pubblici”.
(Giorgia Tisselli)



