Parità, diritti e partecipazione

Carcere/1. Quando il carcere è al femminile: 153 le detenute in regione, il 4% della popolazione carceraria

Incontro a Bologna, in Assemblea legislativa, dedicato alla detenzione femminile: interventi della presidente dell’Assemblea Emma Petitti, del garante regionale dei detenuti Roberto Cavalieri e del presidente della commissione per la Parità e per i diritti delle persone Federico Amico

Nelle strutture carcerarie italiane (dati aggiornati al 28 febbraio 2023) sono presenti 2.425 donne (su un totale di 56.319 detenuti), di cui 153 in Emilia-Romagna (su un totale di 3.417 detenuti). Sono cinque le sezioni femminili nelle carceri della regione: Bologna (78 donne), Forlì (17), Modena (32), Piacenza (16) e Reggio Emilia (10). In regione non si registrano donne detenuti con figli al seguito.

Questa la fotografia della situazione detentiva delle donne in regione emersa dal seminario “Quando il carcere è al femminile”, tenutosi nella sede dell’Assemblea legislativa. Un incontro per conoscere questa componente minoritaria del sistema carcerario con problemi ed esigenze diverse rispetto a quelle degli altri detenuti e, quindi, che necessita di percorsi di trattamento su misura. Si è trattato di un’iniziativa organizzata dall’ufficio del garante dei detenuti collegata al ciclo di eventi programmati in Assemblea legislativa per la festa della donna, in concomitanza con la chiusura della mostra fotografica (anche questa in Assemblea) di Giampiero Corelli “Domani faccio la brava”, sempre dedicata alla detenzione femminile.

“La detenzione al femminile – ha spiegato Roberto Cavalieri, garante regionale dei detenuti, introducendo il seminario – rappresenta uno degli aspetti più complessi e, forse, anche meno conosciuti del mondo penitenziario. La complessità deriva dai valori propri della donna che, nel contesto detentivo, amplifica aspetti di fragilità e di sofferenza: pensiamo ad esempio alla lontananza, costretta, dalla cura dei figli”. La non conoscenza prende invece origine dallo stesso fenomeno della detenzione al femminile, che si potrebbe definire marginale visti i numeri (meno di 150 donne contro 3.400 uomini in Emilia-Romagna) ma che sfida il sistema delle politiche di welfare e delle politiche di inclusione. Il grande rischio è di dimenticare le piccole comunità, in questo caso le detenute. Questi due aspetti marcano un solco che affonda ancora di più le problematiche legate alla parità di genere ed è per questo che dedicare a questo tema una mattina, un seminario, qui nel palazzo dell’Assemblea legislativa, significa puntare l’attenzione, la giusta attenzione, a un fenomeno che non dobbiamo sottovalutare”.

La presidente dell’Assemblea legislativa, Emma Petitti, è intervenuta sulla necessità di ampliare le occasioni di lavoro nelle carceri: “Il lavoro, anche in carcere, è un diritto. La stessa carta costituzionale, all’articolo 27, ci ricorda che ‘le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato’. È proprio la rieducazione, che vuole dire reintegrazione, a dare un senso alla pena detentiva. Da subito, quindi, occorre favorire percorsi, anche attraverso la presa di coscienza degli errori fatti, che consentano a questi uomini e donne di riprendersi la propria vita. Per ripartire, per ricostruire”. La presidente spiega poi quello che si sta facendo in Emilia-Romagna: “È fra le regioni più attive su queste tematiche. Oggi l’azione educativa in carcere serve a promuovere un cambiamento non coercitivo e neanche correttivo ma di opportunità, da sfruttare soprattutto all’esterno. Il detenuto non deve, quindi, essere abbandonato ma sostenuto anche fuori, partendo dalle reti sociali di riferimento”.

Il presidente della commissione assembleare per la Parità e per i diritti delle persone, Federico Amico, è intervenuto sui bisogni delle donne in carcere: “La giornata di confronto e di studio promossa dal garante Cavalieri accende una luce sulla condizione delle donne detenute e pone l’accento sull’urgenza che il sistema carcerario riconosca la peculiarità della detenzione femminile. Le donne detenute – la minoranza della popolazione carceraria – vivono in un contesto che non riconosce i bisogni e le singolarità in quanto costruito in base a istanze maschili”.

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(Cristian Casali)

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