Governo e Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria adottino linee guida nazionali per la protezione delle persone transgender e LGBTQIA+ in carcere, fondate su criteri di inclusione, rispetto e sicurezza.
A chiederlo è una risoluzione Civici-Avs a prima firma Giovanni Gordini (Civici) approvata dalla commissione Parità presieduta da Elena Carletti.
“La Regione Emilia-Romagna ha sempre posto al centro delle proprie politiche il contrasto alle discriminazioni e la promozione dei diritti civili, in particolare attraverso la legge regionale del 2019 che riconosce il valore della differenza come ricchezza e fondamento della convivenza democratica: la creazione di ambienti sicuri per tutte le persone detenute, e in particolare per quelle appartenenti a categorie vulnerabili, richiede non solo interventi strutturali, ma anche adeguata formazione del personale penitenziario e un approccio culturale fondato sul rispetto della diversità”, spiega Gordini che ricorda come “l’isolamento protettivo, talvolta adottato come misura di emergenza, non può costituire una risposta sistemica, in quanto priva la persona dei diritti alla socialità, al lavoro, alla formazione e al trattamento previsti dalla legge penitenziaria: alcune esperienze locali hanno dimostrato che è possibile garantire la sicurezza e il rispetto dell’identità delle persone transgender e LGBTQIA +detenute, attraverso la predisposizione di sezioni dedicate, il rispetto del genere autodeterminato e l’accesso alle cure sanitarie adeguate: è quindi doveroso sostenere ogni iniziativa utile a garantire che le persone LGBTQIA+ private della libertà possano accedere a percorsi detentivi dignitosi, sicuri e rispettosi della loro identità, in coerenza con i principi costituzionali e con gli standard europei sui diritti umani”.
In apertura del dibattito la presidente Carletti ha sottolineato come “il garante abbia espresso molta sensibilità per i contenuti di questa risoluzione che affronta temi fondamentali come i diritti umani e delle minoranze”.
Per Ferdinando Pulitanò (FdI) “il tema va trattato con rispetto ed equilibrio ma questo documento non è equilibrato. Per come è declinato il contenuto, si rischia di trasformare un problema reale in un tema ideologico, una bandiera da sventolare. Gli istituti penitenziari, così come il servizio sanitario al loro interno, sono in sofferenza da anni, e questo aspetto non è evidenziato nel documento. Questa risoluzione sembra quasi una volontà di sostituzione della Regione allo Stato centrale, una fuga in avanti nel voler dettare le linee. Denota la totale scarsità di conoscenza ambientale di un istituto penitenziario. La mia posizione non è contro le persone coinvolte da questo documento ma vuole esprimere la necessità di rivolgere attenzione verso tutte le persone carcerate”.
Niccolò Bosi (Pd) ha sottolineato: “L’esperienza carceraria deve avere carattere di educazione e reinserimento sociale, quindi tutte le persone devono vivere quell’esperienza in modo positivo. Questo non ci esime da chiedere adeguate condizioni per una ‘popolazione ridotta’ come le persone trans che pagano anche l’isolamento all’interno delle strutture carcerarie. Non possiamo permetterci che alcune persone, per vivere quel momento della loro vita in maniera tranquilla senza essere oggetto di ripercussioni, rischino di negare la propria natura. Questo ci farebbe venir meno ai nostri compiti come istituzioni”.
Per Tommaso Fiazza (Lega) “dovremmo occuparci di ben altro. Negli istituti carcerari esistono già reparti dove queste persone hanno diritto di essere quindi non ha senso tornare sempre su certe questioni. Ho avuto occasione di visitare il carcere della Dozza dove ho potuto appurare le condizioni dignitose dei carcerati. Le nostre priorità dovrebbero essere altre come ad esempio sollecitare il governo ad aumentare gli agenti di polizia penitenziaria e i posti delle carceri”.
(Lucia Paci)



