La commissione Politiche economiche, presieduta da Luciana Serri, ha tenuto un’audizione di esperti sul progetto di legge che regolerà lo sviluppo, l’esercizio e la tutela dell’apicoltura in Emilia-Romagna, di cui sono relatori, rispettivamente di maggioranza e di minoranza, Luciana Serri (Pd) e Matteo Rancan (Ln).
Luca Fontanesi (Dipartimento di scienze e tecnologie agroalimentari dell’Università di Bologna) ha illustrato le nuove frontiere della genomica (informazione genetica contenuta nel Dna, ndr) applicata all’apicoltura, riportando i risultati di uno studio del Dna ambientale del miele, che conserva tracce del Dna di tutti gli organismi che sono venuti a contatto con la sostanza, condotto su un campione di apiari rappresentativo dell’intera popolazione di api allevate in Emilia-Romagna. In sintesi, lo studio del Dna ambientale del miele offre una fotografia precisa dell’interazione tra api e ambiente e rappresenta un aiuto per l’apicoltura sotto svariati aspetti. In termini di biodiversità, consente di identificare le sottospecie di api mellifere (produttrici di miele) presenti nel territorio; questo sia per valorizzare l’ape nostrana (Ligustica), che risulta presente in tutti gli apiari della regione, sia per certificare l’origine entomologica del miele, base della tracciabilità del prodotto. Lo studio del Dna, inoltre, è utile nella prevenzione e nel contrasto delle frodi, in quanto consente di definire con precisione l’origine botanica del miele. Riguardo alle malattie, lo studio del Dna del miele garantisce l’individuazione dei germi patogeni e dei parassiti che colpiscono le api, fra i quali, in termini di pericolosità, la varroa. In merito all’ambiente, lo studio del Dna del miele è fondamentale per il monitoraggio fitosanitario (salute delle piante e delle coltivazioni).
Stefano Boncompagni (Servizio fitosanitario regionale) ha richiamato le principali attività svolte dal Servizio con ricadute sull’apicoltura. In sintesi: sorveglianza sulle malattie delle piante e delle coltivazioni per eradicazione e contenimento dei germi patogeni e dei parassiti; certificazione di assenza di patogeni nei prodotti agroalimentari, specie d’esportazione; impegno nell’applicazione del Piano d’azione nazionale sulla riduzione dei fitofarmaci per la tutela dell’ambiente e della biodiversità; formazione e controllo degli esperti utilizzatori di fitofarmaci (rilascio del patentino e verifica periodica d’idoneità); definizione dei Disciplinari di produzione agricola integrata per verificare che l’uso dei fitofarmaci rispetti le norme vigenti, nell’applicazione rigorosa della sequenza che prescrive la prevenzione poi, in caso di malattia o infestazione, la lotta biologica e da ultimo l’impiego mirato e calibrato di fitofarmaci. In Emilia-Romagna – ha ricordato il dirigente – dove i trattamenti con pesticidi in tempo di fioritura sono vietati dagli anni ’70 e dove le produzioni agricole da seme (sementiere) sono un distretto produttivo di rilevanza nazionale, si è creato un rapporto sinergico tra agricoltori e apicoltori, legati da comunanza di interessi, che ha dato vita a un Protocollo d’intesa, divenuto base per quello nazionale, e che ha visto le due categorie collaborare attivamente alla stesura della nuova legge sull’apicoltura.
Giuseppe Diegoli (Servizio sanitario e veterinario regionale) ha richiamato le rilevanti potenzialità dell’apicoltura in termini produttivi, economici, occupazionali, ambientali e sociali. L’apicoltura, inoltre, è importante per la biodiversità e i maggiori pericoli per le api sono costituiti dai pesticidi, dai cambiamenti climatici e dalla globalizzazione, che porta alla diffusione di nuovi germi patogeni e parassiti. Il dirigente, inoltre, ha spiegato come il settore si stia professionalizzando, facendo diventare sempre più importante la formazione degli apicoltori e la sinergia fra le istituzioni. Vanno in questa direzione la realizzazione dell’Anagrafe apistica regionale e la costituzione del Tavolo apistico regionale (nel 2010), che garantiscono la salute delle api e la qualità del miele prodotto in Emilia-Romagna. In particolare – ha evidenziato Diegoli – sono significativi i risultati conseguiti grazie alla collaborazione in seno al Tavolo apistico regionale: radicale diminuzione di trattamenti antiparassitari non conformi; contrasto dello spopolamento e della moria delle api, in particolare attraverso il contenimento dell’uso di agrofarmaci.
Silvia Piccinini (M5s) ha chiesto se lo studio del Dna ambientale del miele prodotto in regione sia stato condotto anche su campioni di miele biologico e quanto costi all’apicoltore l’analisi genomica per la certificazione del proprio miele. Questo – ha spiegato Piccinini – nell’intento di incentivare la produzione e la commercializzazione di miele biologico, di rafforzare la tutela della sottospecie nostrana di ape Ligustica e di potenziare il contrasto alle adulterazioni. La capogruppo, infine, ha domandato quanto incida sulla salute delle api l’impiego del glifosato in agricoltura.
Gli esperti hanno risposto che lo studio del Dna è stato condotto solo su miele non biologico e che un’analisi genomica per la certificazione del miele costa poche decine di euro. La convenienza dell’analisi per il singolo apicoltore – hanno precisato – sarà da valutare in rapporto a quantità di miele prodotta e prezzo di vendita. Il fatto che in tutti gli apiari della regione siano presenti api della sottospecie Ligustica – hanno sottolineato – rassicura sull’efficacia delle azioni intraprese a tutela dell’ape nostrana, anche se per evitare l’allevamento di sottospecie non autoctone e, dunque, il rischio di ibridazione, occorrerà informare gli apicoltori di quanto il vantaggio in termini di produzione sia limitato ed effimero. Riguardo all’uso del glifosato, gli esperti hanno risposto che la Regione da anni ne limita l’impiego al 30% del dosaggio consentito.
Giulia Gibertoni (M5s) ha domandato se sia fattibile individuare e circoscrivere zone in cui non vengano usati pesticidi, se, riguardo alla salute delle api, esistano studi sulla possibile interazione negativa di più pesticidi e se, per creare habitat favorevoli alla vita delle api, si abbia intenzione di aumentare la biodiversità vegetale reintroducendo erbe e piante scomparse. In merito alla tutela dell’ape Ligustica, la consigliera ha invitato la Regione a valutare l’introduzione nella nuova legge sull’apicoltura di una fase transitoria in cui non sanzionare chi alleva api ibride, al fine di evitare l’abbandono di apiari e la dispersione di tali api.
Riguardo all’impiego di pesticidi e acaricidi, gli esperti hanno risposto che la proposta di legge prevede l’individuazione di “zone di rispetto” dove si pratica l’apicoltura. Non esistono studi su possibili interazioni negative dei pesticidi – hanno precisato – ma occorre ricordare che alcuni fitofarmaci non hanno alcun impatto sulla salute delle api e, in caso di conclamata necessità, se ne valuterà l’eventuale uso in deroga. Quanto all’ipotesi di reintrodurre erbe e piante scomparse per migliorare la biodiversità, gli esperti hanno ricordato come la nostra regione sia fra quelle con maggiore biodiversità. Infine, in merito al possibile abbandono degli apiari, hanno confermato come rappresenti un rischio sanitario da prevenire e contrastare.
La relatrice Luciana Serri (Pd) ha evidenziato come dall’audizione emerga l’eccellenza del sistema regionale in materia di apicoltura, tutela delle api, dell’ambiente e della biodiversità, i cui principali punti di forza sono: attenzione alla qualità; sinergia tra istituzioni e soggetti interessati; messa a punto di buone pratiche; formazione. Riguardo alla sottospecie dell’ape Ligustica, la relatrice ha segnalato come siano proprio gli apicoltori i più attenti alla sua conservazione. Infine, in merito alla composizione del Tavolo apistico regionale, Luciana Serri, richiamandone la valenza tecnica e l’importanza ai fini di un’ulteriore responsabilizzazione degli apicoltori, ha ribadito come la rappresentanza debba rimanere in capo a questa categoria.
(Luca Govoni)