L’ex zuccherificio di Comacchio, attualmente di proprietà di “S.I.PRO, Agenzia Provinciale per lo Sviluppo” (società per azioni i cui soci sono tutti Comuni della provincia di Ferrara) è al centro di un’interpellanza di un consigliere del Movimento 5 stelle.
S.I.PRO avrebbe in programma, si legge nell’atto, un progetto di “rinaturalizzazione delle vasche di decantazione dell’ex zuccherificio”. L’area, che si estende su una superficie di circa 350mila metri quadri, “è inserita in un particolare sistema ambientale nel Parco regionale del Delta del Po, in prossimità della fascia costiera, delle valli e delle ampie distese agricole della Grande Bonifica”. Il progetto “vedrebbe il deposito nell’area delle vasche di decantazione di terreni sottoposti a parziale bonifica da idrocarburi”, e S.l.PRO avrebbe già previsto “un’attività di monitoraggio dei terreni parzialmente bonificati con campionamenti e analisi di tutte le ‘biopile’ che verranno trasportate a Comacchio, con rilievi topografici e rapporti semestrali sull’andamento del cantiere”.
Il consigliere, quindi, chiede alla Giunta “se non si ritenga sussistano valide ragioni, sia di natura paesaggistica e ambientale sia di tutela della salute pubblica, per annullare le autorizzazioni, i nulla osta e le concessioni rilasciate per la realizzazione del progetto”. In particolare il consigliere chiede “se sia mai stata fatta una Valutazione di incidenza ambientale; se l’Ente di gestione dei Parchi e Biodiversità del Delta del Po abbia richiesto il preventivo parere da parte di Arpae per conoscere l’idoneità chimico-fisica dei terreni; se non siano necessarie le analisi sui terreni parzialmente bonificati, tenendo conto che le vasche di decantazione si trovano a pochissima distanza da un centro abitato e confinano con il Canale navigabile; se non sia importante individuare e localizzare i terreni scavati in situ e prevedere arginature, non solo provvisorie come quelle programmate, per garantire la pendenza dei terreni onde evitare il rischio frane”. Inoltre, data la notevole durata temporale prevista (dieci anni), sicuramente superiore ai tempi tecnici normalmente occorrenti per la realizzazione di un intervento di quel tipo (3 anni), il progetto di rinaturalizzazione dovrebbe essere considerato, secondo il consigliere, più che altro come “un deposito di materiale terroso solo parzialmente decontaminato”. Per questo il pentastellato chiede “se non sia più opportuno ripristinare l’habitat delle terre umide, indispensabili per combattere le alluvioni e i cambiamenti climatici, piuttosto che perseverare con operazioni di interramento e cattiva bonifica”.
(Francesca Mezzadri)